Al di là del Piano
Marshall
L’attuale crisi globale
Sergio Benedetto Sabetta
Si è parlato
in questi ultimi tempi di un piano di ripresa economico simile al Piano
Marshall, che durò dal 1948 al 1952, tuttavia, come è stato da più parti
evidenziato, risulta improprio parlare di un Piano Marshall nell’attuale
contesto storico.
Al
tentativo, riuscito, di riorganizzare una economia atlantica fondata
sull’interscambio, collassata con la Grande Guerra, si affiancava la volontà di
creare un blocco economico antisovietico, tanto che a una prima manifestazione
di interesse da parte della Russia ne seguiva un totale rifiuto.
Vi era
infine la volontà di creare un tessuto economico su cui appoggiare le Istituzioni
che, secondo Roosevelt, avrebbero dovuto governare il mondo impedendo nuove
guerre generalizzate (ONU, FMI, GATT, Banca Mondiale).
Con
l’appoggio USA sorsero organizzazioni di interscambio nell’Europa Occidentale,
a cui aderirono vinti e vincitori, a partire dal carbone e dall’acciaio (CECA).
Il Piano non
era composto solo da prestiti finanziari per un valore totale di poco superiore
ai 13 miliardi di dollari, ma comprendeva anche uno scambio di materie prime e
beni, la cui vendita dava vita a un fondo vincolato a politiche di
aggiornamento produttivo e parallelamente alla diffusione di beni di consumo
secondo il modello USA.
Gli aiuti
furono concentrati innanzitutto sul Regno Unito e Francia, in secondo luogo su
Italia e Germania Occidentale:
·
Regno
Unito, 3.297 milioni di dollari;
·
Francia, 2.296 milioni di dollari;
·
Italia, 1.204 milioni di dollari;
·
Germania
Occidentale, 1.448 milioni di dollari.
In Italia il Piano Case Fanfani
concentrò molte risorse, oltre che sulla ricostruzione delle infrastrutture
necessarie alla ripartenza economica, sull’edilizia popolare per ripianare i
danni abitativi derivanti dalla guerra.
Questo
permise di riattivare l’industria e riassorbire una parte della disoccupazione
, a questo fu affiancato l’acquisto negli USA di nuove tecnologie per
rimpiazzare i vecchi e desueti macchinari.
Si preferì
quindi investire a lungo termine, evitando una dispersione sui puri consumi,
come avrebbero in parte preferito accentuare gli USA .
Attualmente il
recupero degli investimenti incentivati in edilizia senza precisi criteri,
bensì a pioggia, ha favorito una pura dispersione speculativa di risorse
altrimenti impiegabili, con un’ottica a breve termine.
Né vi è
stata favorita tutta l’Industria nazionale, in quanto molti materiali sono stati forniti
dall’estero, né un riassorbimento della disoccupazione è stato realizzato per
un continuo spostamento di personale su cantieri semivuoti, per l’eccessiva
apertura dei cantieri stessi in un lasso di tempo troppo breve.
Si è
favorita di fatto la formazione di una pericolosa bolla speculativa, con
interventi edilizi molte volte non mirati e superflui, a parte gli inevitabili
aspetti criminali favoriti dai tempi stretti e dalla mancanza di precisi
criteri.
Anche il
contesto in cui ci si è ritrovati con l’uscita dalla pandemia non è lo stesso del
secondo dopo guerra, quando due blocchi piuttosto omogenei e con precisi leader
si contrapponevano, vi erano inoltre molti meno Stati essendovi vaste aree da
decolonizzare e una conseguente minore complessità relazionare da gestire.
In termini
geo-strategici in Europa si sono create nuove tensioni e il conflitto in
Ucraina viene ad investire non solo aspetti ideologici ma anche di
disponibilità di risorse, sia come materie prime che come beni.
Si viene
quindi a parlare da parte del Fondo Monetario Internazionale di eventuale
recessione, di fronte alla frenata di USA e Cina, nonché di Berlino in Europa,
con stime di crescita del 2,5 e 1,4 rispettivamente per il 2022 e il 2023,
relativamente alle economie avanzate, e di 3,6 e 3,9 per i paesi emergenti in via
di sviluppo, rispetto al 6,1 e al 6,8 del 2021.
Anche il
tanto decantato passaggio al green, al fine di recuperare i cambiamenti
climatici in atto, conseguenza di una crescita economica globale impostata su
uno sfruttamento errato delle risorse naturali, quale ulteriore leva per una
nuova crescita economica, è in molti casi solo apparentemente non inquinante
usando, tra l’altro terre rare, motivo di ulteriore scontro tra potentati per
il loro controllo.
La guerra in
atto e quelle precedenti degli ultimi anni, le si possono leggere in controluce
anche in questi termini.
Da quanto
finora esposto non si può proprio fare riferimento al precedente caso del Piano
Marshall.
BIBLIOGRAFIA GENERALE
·
John
L. Harper, La Guerra Fredda. Storia di un mondo in bilico, Il Mulino 2013;
·
G.
De Luna, Dalla Guerra Fredda alla dissoluzione dell’URSS, La Storia Vol. 14,
Mondadori 2007;
·
S.
B. Sabetta, Evoluzione del concetto di Stato dal XIX al XXI secolo, Montedit
2022.