sabato 30 marzo 2024
mercoledì 20 marzo 2024
Sistema per la informazione per la Sicurezza della Repubblica . Nota Il Continente Americano
La Relazione sulla politica dell’informazione
per la sicurezza della Repubblica, che ogni anno entro il 28 febbraio, deve
essere presentata al Parlamento e quindi ai cittadini italiani riflette diversificata gamma alla sicurezza
nazionale, che dalla prospettiva dell’intelligence, sono state alla prioritaria
attenzione nel corso del 2023. La Relazione poi evidenzia le principali
direttive di intervento lungo le quali gli Organismi informativi hanno operato a tutela degli interesse
nazionali in aderenza ai principi costituzionali.
Si indicano quindi i punti
sviluppati nella prima parte della Relazione.
Nel primo capitolo dedicato agli scenari strategico, in cui si parla di Crisi Medio orientale, Conflitto russo-ucraino, Balcani, Africa ed Asia, la relazione non propone se non in modo indiretto, un interesse nazionale per scenari americani Nella ampia gamma di informazioni infografiche. si possono cogliere spunti che interessano el are sia del nord America che del caraibe che latinoamericane.
La Relazione è disponibile sui
siti governativi e può essere chiesta alla Emeroteca del CESVAM alla email:
centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
domenica 10 marzo 2024
Canada. The Military Balance 2018 Le Capacità militari 2017
Capabilities Canada’s armed forces are focused principally on territorial defence, as well as contributing important capabilities to international missions, principally through NATO.
The 2017 defence review reaffirmed commitments to NATO, but also to modernising capabilities, including cyber power. Canada operates a volunteer force with high standards of training. The review promised to increase regular and reserve forces, with particular enhancements in the areas of cyber and intelligence. Deployments, although relatively small scale, underscore a determination to maintain a power-projection capability and international engagement. Canada’s leadership of a NATO battlegroup in Latvia highlights a continuing capability to deploy mediumsized land formations. It has also contributed to NATO’s airpolicing mission. Meanwhile, the deployments of frigates and submarines to the NATO theatre and the Pacific demonstrate continuing blue-water naval capabilities.
The 2017 review pledged to finally deliver on a range of delayed procurements aimed at making the services more suitable to future operations. It raised the target for a new-generation fighter to 88 aircraft, but a trade dispute with Boeing saw Canada turn to Australia to purchase second-hand F/A-18s to supplement its current fleet. In October 2018, the government selected the Lockheed Martin-led consortium and its BAE Systems Type-26 frigate design as the preferred bidder for Canada’s future surface combatant. Canada maintains a well-developed range of mainly small and medium-sized defence firms.
The strongest sector is in combat vehicles and components, though the naval sector has recently developed. ACTIVE 66,600 (Army 23,000 Navy 8,300 Air Force 12,000 Other
giovedì 29 febbraio 2024
Yhe MIlitary Balance 2018. Capitolo III Indice Nord America
The 2018 Nuclear Posture Review committed to nuclear modernisation, including development of low
yield warheads for SLBMs and, in the longer term, a modern nuclear-armed sea-launched cruise missile.
Pentagon efforts to partner with Silicon Valley and technology firms to accelerate innovation have met some opposition from the sector, including refusal by Google staff to participate in the Project Maven AI initiative.
The US army is fielding specially trained Security Force Assistance Brigades to provide trainers, advisors and mentors to partner other nations’ forces. It continues to balance the requirements of ongoing missions with the reorientation to traditional tasks, also improving its combat-training centres and hastening their reorientation to high-end combat.
The US Air Force continues to face the challenge of an ageing inventory combined with the lower pace of delivery of replacement types. USAF chiefs are advocating an expanded number of operational squadrons: the target mentioned is 386 by 2030.
Any question of whether the Pentagon wanted to sustain two combat aircraft manufacturers (Lockheed Martin plus one other) appears to have been resolved with Boeing picking trainer, tanker UAV, and helicopter orders that will help sustain its military business.
The US Navy continues to try to balance rebuilding readiness with achieving early progress towards increasing platform numbers to achieve a 355-ship battle force target.
After delays, Canada announced that a consortium led by Lockheed Martin (with the UK Type-26 design) was the preferred bidder for its Canadian Surface Combatant program
martedì 20 febbraio 2024
sabato 10 febbraio 2024
Antonio Trogu. Paesi del club dell'atomo. Stati Uniti
Gli USA sono stati i primi a dotarsi
di un programma nucleare e gli unici a impiegare i due ordigni atomici della
storia. Nel 1965, nel pieno della guerra fredda, l'arsenale americano ha raggiunto
il suo massimo, con ben 32mila armi disponibili. Questo numero è poi
progressivamente diminuito, fino a registrare quota settemila nel 2012, di cui
2.300 pronte per essere utilizzate, e 4500 nel 2016, di cui 1500 in attesa di
dismissione. Alcune di queste sono schierate nelle basi militari stanziate
in paesi stranieri, tra i quali l'Italia[1].
Nonostante tale
riduzione gli Stati Uniti,insieme alla Russia, mantengono la leadership per
percentuali di ordigni nucleari in dotazione. Secondo gli esperti, dall'inizio del
1945 al 1990, anno che segna la fine della guerra fredda, gli Stati Uniti hanno
prodotto circa 70mila testate nucleari, spendendo una somma corrispondente a
circa 8 trilioni di dollari. Tuttavia, nonostante la volontà dell'Amministrazione
americana di ridurre i propri armamenti nucleari, il Governo sosterrà nei
prossimi 30 anni numerose spese per rinnovare quelli esistenti.
Ma vi sono anche altre spese strettamente
legate agli armamenti nucleari, a causa dei vecchi poligoni dove sono state
testate, dei siti di stoccaggio e delle strutture per la produzione e la
ricerca. Non da ultimo come conseguenza della corsa agli armamenti che ha
portato allo sviluppo e produzione di migliaia di testate nucleari, il
Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha dovuto iniziare ad occuparsi
della bonifica e dello stoccaggio di tonnellate di scorie radioattive. Si puo’
affermare senza tema di smentite che se il costo per la produzione di armi
nucleari negli Stati Uniti è cresciuto rapidamente e continua a crescere,
quello per lo smaltimento dei rifiuti e delle componenti di scarto non e’ da
meno. Il compito è affidato al DoE [2],
lo stesso dipartimento che gestisce la produzione di tutta l’energia del Paese,
compresa appunto l’energia nucleare, e ciò che lascia alle sue spalle
ovvero l’aspetto potenzialmente più nocivo; immagazzinamento e trattamento di oltre 90 milioni di litri di
rifiuti radioattivi e pericolosi situati in più di 240 grandi serbatoi
sotterranei; trattamento di milioni di metri cubi di suolo e oltre 1 miliardo
di galloni di acque sotterranee, smaltimento di tonnellate di combustibile
nucleare e di materiali come uranio altamente arricchito e plutonio.
Il processo, oltre che complesso e in
alcuni casi pericoloso, richiederà ancora molti anni per essere terminato e non
esclude un aumento dei costi previsti.
mercoledì 31 gennaio 2024
Antonio Trogu. Contrapposizione USA ed URSS nella corsa al Nucleare
Contrapposizione USA e URSS nella corsa al nucleare
Tra
il 1946 e
il 1958 gli
Stati Uniti provocarono decine di esplosioni nucleari nell'atollo
di Bikini. La guerra fredda
era ormai inequivocabilmente cominciata e i sovietici non tardarono a
compensare il gap che li separava dagli americani. Nel 1949 l’URSS
sperimentò la sua prima bomba atomica nel poligono siberiano nucleare di Semipalatinsk, nei pressi
della città chiusa di Kurchatov.
Inizia a questo punto una corsa al rilancio,
sul piano tecnologico, che andrà avanti, ufficialmente, fino alla caduta del
muro di Berlino, ma che in realtà continua tutt’ora. Nell'immediato dopoguerra
l'arma atomica fu acquisita da tutte le principali potenze mondiali (Regno
Unito - 1952, Francia - 1960, Cina - 1964), inoltre le armi nucleari divennero
sempre più complesse dando origine ad una varietà di ordigni.
Ma
la vera “rivoluzione” si sarebbe avuta coniugando il potenziale distruttivo
della bomba all’idrogeno (bomba H, o “termonucleare”) all’invulnerabilità di un
missile balistico, il quale avrebbe aggirato qualunque difesa contro-aerea
colpendo inevitabilmente il bersaglio, con danni pressoché incalcolabili,
determinando quindi una distinzione “qualitativa” tra armi nucleari e armi
convenzionali.
Ma
una prima avvisaglia sui potenziali pericoli circa l'impiego di armi nucleari c'era già stata durante la guerra di Corea,
quando il generale MacArthur aveva
cercato inutilmente di far accettare la sua proposta di utilizzare l'atomica
sulla Cina. Intanto nuove
armi nucleari, come la temuta bomba
all'idrogeno, erano diventate
realtà; l'Unione Sovietica nell’agosto del 1953, fece esplodere per prima
nell’atmosfera due bombe all’idrogeno,di potenza limitata a 400 kilotoni. Gli
Stati Uniti fra il febbraio ed il maggio 1954 effettuarono sei esplosioni
sperimentali di bombe all’idrogeno già provate in laboratorio nel 1952, la prima di queste aveva
una potenza di 15 megatoni.[1]
I successivi avvenimenti
geopolitici, culminati con l'episodio della Baia dei Porci (1961), in cui un gruppo di
esuli cubani finanziati dalla CIA tentò
di invadere l'isola di Cuba fecero precipitare i rapporti
tra le superpotenze USA e URSS, tanto che il presidente John
Fitzgerald Kennedy,
in un discorso alla nazione americana del 6 ottobre 1961,
raccomandò vivamente alla popolazione di procedere celermente alla costruzione
di rifugi
antiatomici, non
potendo lo Stato farsi carico della salvezza e della protezione di ogni singolo
cittadino. Egli stesso ebbe il proprio bunker personale, localizzato
a Peanut
Island, nella
contea di Palm
Beach in Florida. Sempre nello stesso anno
l'URSS, peraltro, aveva fatto esplodere una bomba all'idrogeno con un
potenziale superiore di quasi cinquemila volte all'atomica sganciata su
Hiroshima.
2.2. Armi nucleari tattiche e guerra nucleare limitata
La mancanza di volontà di
utilizzare armi nucleari strategiche (ovvero con effetti distruttivi pressoché
incalcolabili) in caso di attacco sovietico contro gli alleati europei,
combinata alla necessità di rassicurare comunque questi ultimi sulla
disponibilità degli americani a far ricorso al proprio arsenale nucleare, qualora
il loro territorio fosse stato attaccato, spinse gli Stati Uniti ad elaborare
armi e strategie per una guerra nucleare limitata. È in quest’ottica che
vennero sviluppate le armi nucleari tattiche (o “da teatro”, o “da
campo di battaglia”); armi a corto raggio dal potenziale distruttivo più
contenuto rispetto a quelle strategiche. La seconda metà degli anni ’50 vide
l’ascesa e subito dopo il declino (almeno sul piano concettuale) di questo
orientamento: il valore eminentemente difensivo attribuito inizialmente a
queste armi, che sarebbero state utilizzate contro i contingenti nemici
prossimi ad invadere i Paesi alleati, venne successivamente messo in
discussione dalla considerazione che proprio il nemico avrebbe potuto
utilizzarle invece in maniera offensiva per aprire la strada alle sue truppe;
inoltre l’argomento secondo il quale il ridotto potenziale distruttivo di
queste armi le avrebbe rese idonee ad essere utilizzate senza eccessivi danni
per i civili apparve subito discutibile. Il potenziale distruttivo e
soprattutto gli effetti ritardati erano troppo devastanti perché potessero
essere utilizzate come armi convenzionali “un po’ più potenti”, in particolare
nelle aree densamente popolate dell’Europa occidentale coinvolte da una
eventuale invasione sovietica. La distinzione tra armi nucleari strategiche e
tattiche, se pure interessante sul piano teorico, si rivelava di fatto
irrealizzabile sul piano pratico. Le armi tattiche tuttavia continuarono ad
essere protagoniste del dibattito nucleare per i decenni successivi
sostanzialmente per due motivi: 1) anche i sovietici avevano sviluppato un loro
programma di armi nucleari tattiche, quindi, non fosse altro che per ragioni di
equilibrio, era opportuno mantenerle; 2) rappresentavano comunque la garanzia, per
gli alleati europei, dell’intenzione degli Stati Uniti a far ricorso al proprio
arsenale nucleare per difenderli.
Il problema che a questo punto si
presentò agli strateghi nucleari per
tutti gli anni ’50, fu il seguente: se un attacco con armi nucleari fosse effettivamente
accettabile qualora in grado di distruggere le capacità di rappresaglia
nucleare del nemico; cosa succede se ciò non avviene e ci si espone alla
rappresaglia potenzialmente devastante di quest'ultimo? Ecco che l’ipotesi
dell’attacco preventivo, volto a distruggere a terra le forze di rappresaglia
nemiche, non appare più attuabile. La
rincorsa, da parte di entrambe le super-potenze, al raggiungimento di una
supremazia nelle armi di “primo colpo”, accompagnata dalla paura reciproca che
“l’altra” potesse raggiungerla per prima, rendevano pericolosamente aleatorio
il controllo effettivo di un confronto nucleare a distanza. In caso di
squilibrio a vantaggio di una delle due parti, il rischio di utilizzo del proprio
arsenale nucleare di “primo colpo” sarebbe diventato concreto. La super-potenza
che avesse raggiunto la supremazia avrebbe potuto sfruttare il vantaggio, quella
rimasta indietro avrebbe cercato di “bruciare sul tempo” il nemico con un
attacco preventivo, impedendogli così di avvalersi del vantaggio raggiunto. Che
questa logica, molto cinica, potesse condurre i due contendenti, “loro
malgrado”, ad uno scontro nucleare, fece emergere prepotentemente l’importanza
del concetto di stabilità e di stallo nucleare, in virtù del
quale entrambe le potenze dovevano possedere armi di rappresaglia
invulnerabili. In sostanza, il possesso di armi di rappresaglia invulnerabili
costituiva paradossalmente la garanzia di sicurezza e, pertanto,
“tranquillizzare” il nemico circa l’invulnerabilità del suo arsenale di
rappresaglia nucleare era importante tanto quanto assicurarsi l’invulnerabilità
del proprio arsenale (un nemico “tranquillo” è un nemico meno pericoloso).
[1] Ennio Di Rolfo Storia delle relazioni internazionali: II. Gli anni della guerra fredda 1946-1990
Edizioni Laterza
sabato 20 gennaio 2024
Un Treno chiamato "Maya".
Fonte Luis Reygada, Un treno chiamato Maya, in Le monde diplomatique, n 1 Anno XXXI, gennaio 2024,
CESVAM EMEROTECA