America Latina Se Bogotà e le Farc fanno davvero la pace Carlo Cauti 07/10/2015 |
Dall'altro un’immagine del gesto per antonomasia contrario alla violenza: una stretta di mano. Quella avvenuta il 23 settembre a l’Havana tra il presidente colombiano, Juan Manuel Santos, e il comandante delle Farc, Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, Rodrigo Londoño Echeverri, nome di battaglia "Timochenko".
Un’immagine che suggella l’annuncio che in meno di sei mesi sarà raggiunto un accordo definitivo tra le due parti, permettendo alla Colombia di iniziare a pensare seriamente alla pace.
Non è la prima volta che il governo di Bogotà e le Farc dicono di aver raggiunto un accordo.
In tutte le occasioni precedenti gli impegni presi erano stati però sistematicamente violati da entrambe le parti. L’ultima stretta di mano era avvenuta nel febbraio del 2001, quando l’allora presidente colombiano, Andrés Pastrana, aveva incontrato il capo della guerriglia comunista, Manuel Marulanda, nel tentativo di portare avanti il dialogo di El Caguán.
Un compromesso che non aveva prodotto alcun risultato pratico, se non l’intensificarsi del conflitto e un irrigidimento del successivo governo colombiano, guidato da Álvaro Uribe, con Santos ministro della Difesa.
L’annuncio del 23 settembre rappresenta l’ultima tappa di un lungo percorso negoziale iniziato a Cuba nell’ottobre 2012.
Un’agenda basata su sei grandi punti: la riforma agraria, la partecipazione politica dei guerriglieri, la soluzione al problema della coltivazione, consumo e traffico di droga, la creazione di una “Commissione della Verità” a composizione mista, le modalità di deposizione delle armi, la realizzazione di un referendum sull’accordo di pace e alcune modifiche da apportare alla Costituzione colombiana.
Diversi punti hanno già trovato un accordo, gli altri dovranno essere discussi entro il marzo 2016.
Tempi chiari e accordo sulla punizione dei crimini di guerra
L’annuncio dell’accordo di pace è importante perché, per la prima volta, si pone un termine temporale preciso per il raggiungimento di un accordo di pace definitivo tra le Farc e il governo colombiano: il 23 marzo 2016.
In nessuno dei negoziati precedenti si era mai fissata una data ultima per il raggiungimento di un accordo finale. Se questa scadenza dovesse essere rispettata, si porrebbe definitivamente fine all’ultimo e più lungo conflitto non solo della Colombia, ma di tutto il continente americano.
In secondo luogo l’accordo è importante perché risolve uno dei punti più spinosi dell’intero negoziato di pace: la punizione dei crimini commessi da ambo le parti durante i cinque decenni di conflitto.
Sia i guerriglieri della Farc che i membri delle Forze armate colombiane, così come i civili che hanno preso le armi, saranno giudicati per i crimini eventualmente commessi. Una riduzione di pena sarà concessa a coloro che si impegneranno a deporre sul proprio ruolo all’interno del conflitto, che daranno informazioni utili alle autorità e che offriranno indennizzi alle vittime.
Si tratta di un passo storico per il processo di pacificazione nazionale colombiano, ma ha un risvolto non secondario anche a livello internazionale, rappresentando un importante precedente per la risoluzione di altri conflitti armati in tutto il mondo.
Cuba e Vaticano mediatori di pace
La foto che ritrae la stretta di mano tra Santos e Timochenko, con Raul Castro che unisce simbolicamente i due ha infine un innegabile impatto mediatico perché rafforza l’azione degli esponenti del governo e dei leader della guerriglia che vogliono il raggiungimento effettivo di una pace duratura, mettendo in luce anche la mediazione di Cuba.
E a mediare è stato anche il Vaticano. Seppur indirettamente, attraverso discorsi e omelie, papa Francesco è stato molto importante per il raggiungimento dell’accordo. A dimostrazione di ciò, i vertici vaticani erano stati informati con tre giorni di anticipo dell’annuncio dell’Havana.
Un futuro ancora incerto
La fine del conflitto e la stabilizzazione definitiva della Colombia potrebbero rappresentare un trampolino di lancio formidabile per una delle economie più dinamiche dell’America Latina.
Nell’ultimo decennio, pur dovendo far fronte alla guerriglia e al narcotraffico, il Paese ha vissuto un momento di forte crescita economica. Negli ultimi anni la classe media colombiana è raddoppiata, arrivando al 30% della popolazione e il tasso di povertà è stato ridotto dal 50% al 35%.
Il tutto accompagnato da un’inflazione sotto controllo, un elevato flusso di investimenti diretti esteri e un “business environment” che la Banca Mondiale colloca in 34° posizione (l’Italia è al 56° posto). La fine del conflitto potrebbe essere l’inizio di un periodo di grande prosperità economica per la Colombia.
Tuttavia, rimangono ancora importanti incognite. Innanzitutto se, a differenza del passato, all’annuncio seguiranno fatti concreti. Le sole Farc contano con oltre 8.500 guerriglieri, e non è da escludersi che non tutti siano favorevoli all’accordo.
Inoltre, il governo di Bogotà dovrà riuscire a spiegare ai cittadini colombiani i vantaggi di questo processo di riconciliazione con la guerriglia, affrontando lacerazioni sociali difficilmente sanabili.
Infine, rimane aperto il fronte con i paramilitari dell’Esercito di liberazione nazionale, che pur essendo in numero inferiore rispetto alle Farc - circa 4.000 uomini - non rientrano nei negoziati di pace e potrebbero approfittare del disarmo dei guerriglieri comunisti per occuparne le posizioni e i territori.
Carlo Cauti è un giornalista italiano di base a San Paolo del Brasile. Collabora regolarmente condiverse testate italiane e brasiliane.
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