Usa 2016 Repubblicani, è derby della Florida Giampiero Gramaglia 11/11/2015 |
Nei sondaggi, sono per ora nettamente avanti Ben Carson, neuro-chirurgo nero convinto che le piramidi non siano tombe di faraoni, ma depositi di grano fatti costruire da Giuseppe, e Donald Trump, magnate dell’immobiliare che accusa la Federal Reserve di essere in combutta con la Casa Bianca.
Verso le primarie
Ma è opinione diffusa che i due campioni dell’anti-politica usciranno di scena: entrambi sono già furiosi con i media, che ne mettono a nudo contraddizioni - uomo di scienza e di fede il primo, che non crede all’evoluzione - ed esagerazioni - lo showman, Trump, che si mette contro tutti, donne, ‘latinos’, giornalisti.
E quando si cominceranno a contare i delegati alle convention, con le assemblee nello Iowa il 1° febbraio 2015 e le primarie nel New Hampshire il 9 febbraio, verranno avanti i candidati politicamente più strutturati e che hanno l’appoggio dell’establishment del partito.
Ed è proprio qui che si gioca il duello tra l’ex governatore e il senatore. Fino a ora, Jeb Bush, figlio e fratello rispettivamente del 41° e 43° presidente degli Stati Uniti, era considerato l’uomo dell’apparato del partito, nel folto gruppo di aspiranti alla nomination repubblicana.
Ma Jeb è stato finora deludente: non mostra grinta e non ha vinto nessuno dei tre dibattiti televisivi già svoltisi, anzi è sempre andato male; e nei sondaggi naviga costantemente sotto il 10%, dietro non solo Carson e Trump, ma pure Rubio e Ted Cruz, senatore del Texas, il candidato preferito dal Tea Party. Sta al quinto posto, più o meno alla pari con Carly Fiorina, l’unica donna, ex ceo di Hp, che ha fiammate nei dibattiti e poi sparisce dai radar.
Alla conquista dei voti dei latinos
Di qui alle primarie, la strada è ancora lunga, ma c’è la sensazione che la corsa repubblicana, l’unica incerta - fra i democratici, Hillary Clinton non ha praticamente rivali - possa essere a una svolta decisiva: Rubio, infatti, ha innestato la quarta e messo la freccia per superare Bush come ‘candidato dell’establishment’. Secondo un rilevamento della Monmouth University, nel New Hampshire il senatore ha triplicato i consensi in poche settimane.
Rubio è pure insidioso per Bush sul fronte dei finanziamenti, dove l’ex governatore è finora il più forte, e ha appena ottenuto il sostegno di Paul Singer, il principale donatore repubblicano.
Di Jeb, si sa più o meno tutto: 62 anni, sposato con Columbia, di origini messicane, il potenziale Bush III punta sul sostegno dell’apparato e sul voto dei ‘latinos’. Proprio come fa Rubio, che è di origini cubane: nato a Miami da genitori emigrati dall’isola, 44 anni - è il più giovane fra gli aspiranti alla nomination -, avvocato, sposato, quattro figli. Eletto deputato dello Stato, a 35 anni era presidente del Parlamento di Tallahassee. Nel 2010, puntò a divenire senatore e vinse in rimonta con largo margine, grazie anche all’appoggio di Jeb.
Il rapporto tra i due è ormai teso. Nell’ultimo dibattito, l’ex governatore l’ha chiamato in causa su più temi; il senatore ha replicato: “Non è attaccando me che vincerai. Non sono in gara contro di te o altri, qui. Io corro per la presidenza perché non possiamo eleggere Hillary per continuare le politiche di Obama”.
Rischio “scontrino-gate”
Per Rubio, però, il cammino non sarà in discesa. Intanto, si profila il rischio d’una sorta di ‘scontrino-gate’ della Florida: il senatore si appresta a pubblicare gli estratti conto della carta di credito affidatagli dal partito tra il febbraio 2005 e il novembre 2008, dopo che suoi rivali hanno ripetutamente puntato il dito su alcune spese sospette.
Rubio avrebbe usato l'American Express del partito repubblicano per spese personali: voli aerei, riunioni di famiglia, lavori in casa. Accuse che il senatore ha sempre respinto, affermando d’avere regolarmente rimborsato il partito.
Del resto, c’era da aspettarselo che Rubio finisse sotto la lente d’ingrandimento della stampa, man mano che le sue chances di ottenere la nomination repubblicana crescevano.
E c’è chi avverte che, contro di lui, potrebbero scattare pratiche di denigrazione personale rivelatesi efficaci in passato, come quando, nel 2004, George W. Bush, un imboscato del Vietnam, riuscì a mettere in cattiva luce il candidato democratico John Kerry, che in Vietnam ci era andato e vi era stato ferito. L’operazione ebbe talmente successo da divenire un sostantivo, lo ‘swiftboating’.
Giampiero Gramaglia è consigliere per la comunicazione dello IAI.
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