lunedì 23 aprile 2018
Colombia: prospettive
La solitudine della piazza colombiana tra bocciature interne e
promozioni internazionali
Colombia si muove nella piazza pubblica
di MARTHA ALVAREZ
Ora
che il mondo ritorna multipolare e che il fracasso della
visione unipolare e globalista del liberalismo è evidente nelle nuove scelte
geopolitiche che i popoli sovrani stanno affrontando. Ora che sulle forze populiste si tessono i nuovi nazionalismi:
Italia ha Grillo e la nazione vive la disfatta
riformista della Costituzione proposta dal governo; gli Stati Uniti navigano nell’incertezza delle proprie scelte;
la Russia è ritornata a essere un impero zarista, la Gran Bretagna ha la Brexit
da pilotare; la Cina riconferma di Xi Jinping al governo per dare stabilità alla nazione leader
dell’economia mondiale. Ora che nel Brasile la presa del potere por parte
di Michel Temer, ha avviato numerose riforme generando le proteste popolari che
ogni settimana stanno travolgendo la nazione sudamericana; lì vicino, in Colombia, non poteva mancare la tempesta che si è alzata
dopo la sconfitta del ‘Sì’ al referendum, che ha spinto i cittadini a
scendere nelle piazze a premere sul governo, le forze contrapposte degli alzati
in armi e i promotori del ‘No’, a fare la scelta tra salvare gli Accordi già firmati lavorandoci sopra o a
ricominciare d’accapo.
Dove
i governi ricercano la sicurezza, essi si trovano l’instabilità geografica, che diffonde
paure mondiali finanziate con pochi euro. Ora, quando i popoli che amano e
ricercano la giustizia sono soffocati nell’avarizia e intrappolati nelle
barriere dell’egoismo, si strozzano nell’architettura delle rogatorie e dei
Trattati internazionali. In solo 40 giorni e ancora nella ospitalità della
controversa Cuba, sulle 297 pagine del vecchio patto, nell’impronte delle sui
righe hanno scritto le 310 pagine, che ora devono essere passate dalla carta
alla vita reale con l’implementazione.
Ora
che i popoli hanno una più incidente ricerca dei propri nazionalismi e di
leader che diano identità alle genti delle regioni; ora che i dispersi nelle differenti
nazioni in quanto non sono stati considerati nel momento che le potenze li
hanno divisi cercano capi e rappresentanti; e ciononostante le frammentazioni
interne, tutte le nazioni aderiscono ai problemi della globalizzazione: la
risoluzione dei problemi ambientali, la ricerca di pace, giustizia, sicurezza e
benessere. È per questo che dovrebbe prevale i principi d’uguaglianza e di
responsabilità tra le genti. Ora, più che mai, la società colombiana vuole la pace
e la comunità internazionale così lo ha compreso.
Il
Presidente dopo la bocciatura avuta nel referendum del 2 ottobre, ha continuato
instancabilmente a lavorare ascoltando le parti, riuscendo in breve tempo
nell’intento d’avviare tutti i suoi sforzi diplomatici e legali che li sono stati
conferiti per il raggiungimento di un ‘Nuovo Accordo’ di Pace con
l’organizzazione guerrigliera più longeva del pianeta: Forze Armate
Rivoluzionarie di Colombia le “FARC”. E un nuovo equo accordo è stato avviato e raggiunto, in un
dialogo in grado di soddisfare tutte le componenti del popolo colombiano. Dopo
aver ricevuto il premio Nobel per la Pace, Juan Manuel Santos, senza dubbio,
passa alla storia come figura di libertà.
Ora
che la geopolitica crea barriere materiali e immateriali e tuttavia, diventa di
flussi e movimentazioni biopolitiche; in momenti in che i conflitti nazionali e
regionali sono globalizzati, il bisogno di pace della Colombia passa a essere
voce da bar, da salotto e di tutti i cittadini di questo Pianeta, e
indifferenti o no, si rispolverano le parole del caudillo colombiano, la cui
morte diede avvio allo spirale della violenza che ha occupato la comunità internazionale amica
della Colombia. Jorge Eliecer Gaitàn ferventemente aveva detto: “è vicino il momento in qui vedremo
se è il popolo a comandare, se è il popolo a ordinare, se il popolo è il popolo
e non una moltitudine di servi”.
Le
piazze ritornano allo loro funzione vitale per la democrazia; ora, quando la
geografia sembrava stabilita d’una volta per tutte e le frontiere della propria
sovranità erano state definite anni fa. La Colombia si muove in questo
mondo interessante che è pieno di diversità, alla ricerca dell’unità nella cooperazione internazionale, in una società delle nazioni, che sta
organizzata come l’insieme di popoli amanti della pace e tuttavia vede
aumentare le conflittualità locali. Tuttavia, nelle piazze i cittadini colombiani di tutte
le componenti sociali, politiche, religiose e senza nessuna discriminazione ci
sono abbracciati chiedendo accordi di pace.
Nei
numerosi trattati, la comunità internazionale allenta i propri vincoli nazionali, alla ricerca
del coordinamento, la solidarietà e
l’accettazione. Ed ecco la Colombia, che è un
popolo libero dal 1819, e tuttavia, ha nel suo territorio legittimità stanziali potenti non
proprie, ancora capaci di violentare fisica e ideologicamente le proprie Prime
Nazioni e il comune popolo sovrano, che sovrano no è da quando si è reso
dipendente: di fatto, la Colombia è una nazione ricca di risorse utili per il
proprio sviluppo e ciononostante ha ancora una base economica di sussistenza e
si lascia spogliare costantemente. Perciò, per prendere consapevolezza del
proprio diritto e valore, il popolo colombiano cerca l’aiuto della comunità
internazionale.
L’identità
geopolitica e la geografia umana si trasformano all’ombra di una serie di
nazioni scosse delle scelte della secolarizzazione e che comunque ricercano il
redentismo nelle guerre sante, tra polvere e sangue. Lo spirito dei tempi ci fa
vedere che la Russia, ieri simbolo d’ateismo, ora ritornata potenza col
richiamo all’identità
religiosa. D’uguale modo il popolo colombiano
esteriormente sembra libero d’una fede, indifferente alle questioni religiose,
e ciononostante, cade nelle trappole dell’analfabetismo funzionale,
immergendosi nelle comunità religiose di garage, dove cerca di purgare le proprie colpe e
aggregarsi politicamente, aiutando così ad spegnere lo spirito
dell’illuminismo. Dichiaratamente cattolico, il ‘cristiano’ colombiano è anche fiero
di dichiararsi laico, tuttavia osserviamo che ritorna alla schiavitù del sacro, quando dimenticando le parole di Gesù: la “verità vi renderà liberi”, si fa ingannare e imprigionare negli slogan
pubblicitari del partitismo che mette in rischio la laicità dello Stato.
Nell’economia
globalizzata e trasformata alla volontà delle multinazionali,
che muovono i fili di governi consenzienti in lasciare opprimere i propri
popoli, ecco le Prime Nazioni colombiane che tornano a esser protagonisti
richiamando al governo come garante e protettore delle proprie ancestrali
differenze, si proclamano fieri del proprio origine e allontanando gli
‘evangelizzatori’, bollandoli come mercanti di morte. E nelle ferite aperte che
tutti i popoli hanno, trovandosi dentro un sistema economico iniquo, si fanno
evidenti com’effetti collaterali: i consumi poco legali o illegalizzati di
sostanze, di prodotti superflui e d’informazione.
In
un sistema economico che ha visto la crescita delle diseguaglianze nell’uso e
approfittamento delle risorse dichiarate bene comune, vede in Colombia una
nazione d’ingiustizia economica e sociale, dove il povero nell’urna elettorale non
ha voluto o non ha avuto la forza di guardare al futuro, e mediante la
partecipazione alle diverse manifestazioni ha voluto che la realtà della scarna e povera
piazza, decidesse e li dessi gli ascensori sociali di che ha bisogno per
affermarsi come persona. Dopo la uscita dei risultati elettorali, la soglia
imposta dalla Coste Costituzionale è stata superata del 10%, e su una popolazione atta per andare alle urne di 34.899.945,
hanno partecipato solo 13.053.364 dei convocati, e di questi 12.800.858 hanno dato un
voto valido.
Le
frontiere del cyberspazio ci hanno ricordato che le nostre identità sono porose, in quanto
molteplici e veloci sono i cambiamenti geopolitici globali e che la Colombia
non è un luogo sperduto. In un mondo connesso, si produce la notizia e alla
velocità della luce lo comunica ai popoli che dormono e ignorano;
tuttavia il 2 ottobre in Colombia, gli abitanti della città e più connessi sono
rimasti indifferenti nei propri affari nella misura del 62,57%, oppure
all’ombra delle urne hanno evitato scegliere d’aiutare al contadino produttore
degli alimenti a uscire della spirale di violenza partitica e di guerriglia, in
che innocentemente per quasi 70 anni, si ha visto coinvolto. Le reti del web
muovono i cittadini colombiani dispersi nel mondo e sono la principale fonte
d’informazione istantanea, che li ha permesso d’avviare le diverse
manifestazioni in richiamo alla pace.
Ora
che le relazioni di potere a confronto non sono la sintesi di quello che
succede nei loro territori, i figli dei contadini colombiani conoscendo cosa è
la guerra, volevano la pace e hanno accompagnato i loro genitori al seggio
elettorale, mentre che d’altra parte, i figli dei quartieri poveri delle grandi
città, non sapevano nulla perché i loro genitori avvolti
nella propria povertà e ignoranza. Hanno preferito restare a guardare, come si guarda
una partita di calcio; ma nel suo momento coinvolgendo insieme alla piazza e formando
un solo gruppo, hanno cercato di legittimare la propria scelta uscita sconfitta
delle urne, e d’altra parte, si cerca di annientare la propria pigrizia
intellettiva e la passività politica.
Le
piazze sono state il crogiolo della democrazia e dei ritrovi spontanei per
delineare momenti cruciali della stabilità politica e sociale. Nei piccoli
insediamenti, scuole, università, teatri, luoghi dello sport e soprattutto, in
tutte le piazze delle città più importanti della Colombia si sono svolti dialoghi, momenti
conviviali e manifestazioni artistiche e culturali a favore della pace. La
piazza colombiana vuota fino al 5 ottobre, quando dopo la “Marcia del Silenzio”, si
è riempita di giovani politicamente svogliati e costantemente alla ricerca d’identità,
spinti dalla bocciatura, volevano fare la differenza: in condizioni difficili e
insalubri, hanno costituito una piccola repubblica!.
Durante settimane lo spazio pubblico colombiano è stato
periodicamente riempito da cittadini comuni convocati da iniziative e scioperi
pacifisti. Milioni di persone si sono coinvolti moralmente in una delle
manifestazioni simboliche più eclatanti degli ultimi anni del paese.
Una
piazza fatta di persone che si sentono essenzialmente scolarizzate e tuttavia
ricercano interpreti delle proprie verità e si lasciano guidare
dei propri sciamani politici. Una piazza dove si è ritrovata rappresentata una
società civile che vive fluidamente nell’indifferenza politica, e
tuttavia, sconcertata ha desiderato ricominciare d’accapo. La più importante piazza
colombiana è la Piazza Bolivar a Bogotà; in essa durante più di
45 giorni è stato organizzato un “Accampamento della Pace”, un presidio popolare senza
interruzioni fino al 19 novembre, quando la forza pubblica delegata dal sindaco,
che rappresenta le forze opposte al governo nazionale, per fare spazio a una
manifestazione musicale, usando mezzi repressivi e violenza, ha provveduto a
uno sgombero. Nell’immaginario collettivo quel manipolo di manifestanti hanno
lasciato un enorme legato di valore civile, fede nel proprio governo,
democrazia e pacifismo.
Mossi
nelle acque buie, stagne della mancanza di creatività politica, i popoli della
Terra sono alla ricerca dei colpevoli, ed ecco che il mondo si muove in slogan
politici che risultano vincenti e tuttavia, non danno le tangibili risposte
desiderate. L’incertezza uscita delle urne colombiane ha fatto urlare senza esprimere un suono: chi ci
guiderà nel processo? Ecco che la piazza internazionale mostra la
solidarietà con il popolo colombiano: la diplomazia ha spalleggiato subito
al presidente Santos.
Juan
Manuel Santos, presidente della Repubblica della Colombia, è stato insignito
col Premio Nobel per la pace il passato 7 ottobre “per i suoi sforzi
risoluti” per lograre la pacificazione all’interno della nazione che
rappresenta la democrazia più antica dell’America Latina e una speranza per la
comunità internazionale. Santos è alla guida della Colombia dal 2010 e
attualmente è al secondo mandato, dopo che nel 2014 è stato rieletto sul
presupposto del raggiungimento dell’accordo che era già in negoziazione.
L’evento
sociopolitico colombiano sembra dimenticato per il fluire dei giorni, tuttavia,
esso è vivo e presente nelle piazze italiane, nei flussi dei turisti che
arrivano a visitare musei e monumenti, a confessarsi nei luoghi della fede, a
sentire il sapore delle nostre ricette, e anche a riscontrarsi con la realtà delle affollate
metropolitane, con la singolare delinquenza e la sporcizia di alcuni quartieri
romani e poi tornano in patria portano i ricordi tangibili e almeno in fotografia i simboli della
grandezza e bellezza del nostro sistema paese. Le urne colombiane ci ricordano
che siamo a portata d’areo.
Le
piazze della globalità hanno offerto l’ospitalità, l’abbraccio di solidarietà e un luogo di confronto
e d’informazione a gli amici della Colombia, passanti e a tutti i colombiani
sparsi per il mondo che hanno potuto congregarsi. Nel resto dei paesi
democratici la comunità colombiana del ’Si’ in essi residenti, è uscita vincente e
ancora più desiderosi della pace, ha chiamato a partecipare alle manifestazioni
pubbliche spontanee, in una raccolta firme come risposta alla vita, che ha
avuto l’importante partecipazione trasversale nella “Tavola Sociale per la
Pace”, da Norvegia all’Australia, passando per la piazza Times Square a New
York, coinvolgendo Parigi e Londra, il Paese Vasco e Roma, Ginevra
e Buenos Aires.
Oggi
evento internazionale in che partecipavano i colombiani si costituì in un
importante momento per manifestare il desiderio di pace. Durante le partite di
calcio, le gare di ciclismo e di altri sport internazionali, sportivi e tifosi
si sono fortemente espressi con cori e slogan, con camicette e fazzoletti
bianchi e bandiere. Il presidente Santos è stato invitato dalla Regina Elisabetta al
palazzo di Buckingham, ha parlato ai membri del Parlamento britannico e con il primo Ministro Theresa May, sul appoggio britannico e la
cooperazione bilaterale nel post conflitto.
Oltre
a Cuba, Cile, Venezuela e Norvegia, anche gli Stati Uniti hanno giocato un
ruolo di prim’ordine per attivare, sostenere e concludere i negoziati.
L’elezione di Trump e la scelta del Segretario di Stato nella persona di Rex
Tillerson, senza dubbio non potrà cambiare di molto la politica Americana nel confronto della
Colombia: sia repubblicani che democratici per anni hanno ‘aiutato’ a
raggiungere il clima propizio per la pace, con un progetto chiamato “Plan Colombia”; a febbraio 2016, Obama durante la visita di Santos alla Casa
Bianca, ha annunciato un nuovo stanziamento di 450 milioni di dollari per il
progetto “Paz Colombia” e il palazzo di Nariño, il 2 dicembre ha
avuto la visita del vicepresidente Americano Joe Biden,
per “rafforzare i vincoli commerciali” e promuovere il rinascere dell’interesse
americano per lo sviluppo e la pace del popolo colombiano.
The New York Times, ha identificato al
ex presidente Uribe come “l’uomo che blocca la pace in Colombia”. Di fatto, la notte del 2
ottobre, il fronte promotore del ‘No’ interrogato dai giornalisti dimostra
palesemente l’impreparazione al risultato, e i giorni seguenti sono carenti nel
dare risposte efficaci e costruttive. Uribe, ha dichiarato: “è stata una
decisione del popolo colombiano. Il Presidente ha il dovere di trovare le
strade per avviare nuovamente il dialogo, ma con l’importante contributo della
maggior parte dei colombiani, che hanno votato no”. Il popolo ha avuto una
grossa delusione.
La
dimostrazione che la Colombia è una democrazia matura sta nel fatto che anche
una cifra esegua è tenuta in considerazione. Il ‘No’ ha ottenuto solo il 0.43%,
ciò significa che il popolo nelle piazze ha cercato di capire l’incidenza
effettiva e quali siano le proposte valide e innovative che hanno da fare agli
Accordi. Basandosi nelle affermazioni del ex presidente Uribe, in una conferenza
tenuta in Spagna, per molti è evidente che il fronte del ‘No’ ha semplicemente voluto
portare d’oltranza i dialoghi, attendendo l’arrivo della nuova campagna
elettorale del 2018, in che il partito “Centro Democratico”,
spera di tornare al governo. La società politica, religiosa e
diversi settori della vita civile colombiana hanno fatto più di 500 proposte di
modifica, che sono stati considerati attentamente dai rappresentanti del
Governo e delle FARC.
Storicamente
i governi colombiani avevano portato avanti altri negoziati raggiungendo altri
accordi di pacificazione; ma, quest’anno per ben due volte si è arrivato alla
firma. La nazione rappresentata dal gruppo di campisti e il popolo colombiano
in toto, hanno pazientemente atteso che il rappresentante del governo Humberto
della Calle e tutti gli altri attori convocati un’altra volta sotto il cielo
cubano, portassero a termine un ‘nuovo’ accordo.
Il
nuovo patto raggiunto all’Avana in solo 40 giorni, ha portato i protagonisti
dell’accordo anteriore: il Presidente della Repubblica e il massimo capo delle
FARC, Rodrigo Londoño, alias "Timochenko", alla cerimonia di sigillo, il
24 novembre, nel teatro Colón de Bogotá,
davanti a una affollata platea. Il primo era stato firmato davanti a una
nutrita Comunità internazionale che si diede protocollare appuntamento nella città colombiana di Cartagena,
il 26 settembre, patto rifiutato degli elettori nel referendum del
2 ottobre.
La
Presidenza della Repubblica usando la norma che permette che il Congresso
approvi proposizioni su politiche pubbliche, questa volta ha sottoposto lo
pattuito in sessioni separate del Senato e della Camera dei rappresentanti.
Dopo accesi dibattiti a favore o contro il Nuovo Accordo, oppure contro o a
favore del governo, in tempo record, il Senato ha spalleggiato il nuovo patto
con 75 voti a favore, la Camera ha stabilito la vittoria con 130 voti. Uribe ha accettato aver
commesso errori, e insieme ai rappresentanti del popolo oppositori, hanno
lasciato le aule durante le votazioni, pertanto non si è verificato nessun voto
contro.
Era
stato spostato l’arrivo del momento della controfirma popolare degli accordi, il
cosiddetto giorno “D”: dal giorno dopo il referendum, cioè dal 3 d’ottobre, al 30
di novembre. Il congresso colombiano è eletto direttamente ogni quattro anni,
allora, l’approvazione dell’Accordo raggiunto tra governo e FARC por parte del
Senato e della Camera è una forma di referendum popolare indiretto.
Negli
ospedali civili e militari fanno un bilancio positivo riportando i livelli bassi
e mai visti di civili e soldati caduti o feriti in combattimento con le forze
insurrezionali; tuttavia, recentemente, sono tornati all’azione gruppi di
paramilitari e di delinquenza comune: in zone di coltivazione illecite e di
produzione mineraria illegale, diversi leader sociali vincolati con i gruppi
politici di sinistra sono stati assassinati. Certamente le risorse colombiane
sono molteplici, come lo sono gli attori interessati in guadagnare mettendo a
repentaglio la vita delle persone e l’ordine e la sicurezza nazionale.
Il
Santos sta lavorando per avviare a conclusione le leggi d’indulto e amnistia e
per integrare delle commissioni speciali per dare compimento al storico
Accordo, che coinvolge la Procura, rappresentanti delle FARC, ONG e l’Ufficio
della Presidenza della Repubblica. Il popolo colombiano dopo il periodo di
apatia e di sfiducia nelle istituzioni ha spalleggiato fortemente al presidente
e insieme alla comunità internazionale, ammira la perseveranza con cui ha
proseguito allo scopo di trovare il nuovo accordo. Il desiderio di porre fine a
una guerra fratricida che si prolunga dal 1948 ha vinto con il prossimo
reinserimento alla vita civili di più di 5000 alzati in armi. Una lotta
ingiusta che ha lasciato un saldo vicino ai 300.000 morti, cerca sette milioni
di sfollati, una moltitudine di scomparsi e di vittime dirette e indirette, si
trasforma in una giusta lotta civile e democratica.
Il
nuovo patto è riconosciuto come migliore e più solido, ha però tante sfide che la Colombia non può affrontare nella sua
solitudine. Il progetto di disarmo e di smobilitazione dei guerriglieri è già in corso e dovrà svilupparsi fino a metà del 2017; inoltre, la
riforma rurale, la partecipazione politica dei guerriglieri, la questione delle
vittime, la fine del conflitto e l’implementazione e verificazione degli
Accordi, sono aspetti che sembrano di politica interna a una nazione sovrana,
tuttavia, la comunità italiana e internazionale sono chiamate a partecipare
attivamente.
La
Colombia ha fama d’essere un ottimo partner commerciale e ha un ottimo futuro
prospettato anche dal suo inserimento al capo dei CIVETS, che oltre ai i BRICS,
sono la nuova sigla che vuole identificar i futuri poli strategici, economici e
politici, degli emergenti che s’affacciano alla scena del protagonismo mondiale.
I CIVETS sono l’insieme della Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia, e
Sudafrica che hanno stabilità politica, una dinamica economico e finanziaria,
un debito stero relativamente basso e una popolazione giovane, che tuttavia,
affrontano con lucidità i comuni problemi di disoccupazione, sperequazione
sociale e corruzione. D’accordo a dati ONU, la Colombia è classificata tra i
maggiori produttori di cocaina. L’implementazione dell’Accordo e l’aiuto
internazionale è un punto di lancio per trovare la soluzione strutturale alla
produzione, commercio e consumo di sostanze dannose per la salute umana.
A
Oslo il 10 dicembre 2016, Juan Manuel Santos ha ricevuto il Nobel per la Pace “a nome dei milioni di
vittime del conflitto”. Senza l’amplia collaborazione e il contributo del
popolo norvegese, il governo colombiano non avrebbe potuto uscire vincente,
così lo ha riconosciuto Santos al parlare con Erna Solberg, Primo Ministro norvegese.
In Colombia comincia a formarsi e crescere la generazione della pace; la piazza
colombiana non sarà più avvolta nella propria solitudine.
Martha
Alvarez, fequentractrice Master in Strategia Globale e Sicurezza
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