La ferma volontà del presidente uscente di non riconoscere quello che ormai è un dato di fatto è un momento di crisi della superpotenza. Nonostante l'evidenza dei fatti, in cui prove concrete tangibili di brogli di vaste proporzioni ed anche di piccole non ci sono, sono giorni di forte impatto negativo nella transizione dei poteri. La Democrazia è in crisi. Pechino esulta e nei suoi mass media non fa altro che esaltare il sitema misto capitale-marxismo in atto in Cina. Ferro potere politico del Partito, massima libertà a tutti in economia. E questa la ascesa della Cina. Negli Stati Unti il potere politico è frantumato ove quello che una volta era la divisone dei poteri che si confrontava con il potere assolutistico, oggi è un vero e proprio impasse. Sicuramente il presidente eletto non avrà vita facile e tutta la sua azione sarà frenata da chi non rispetta le regole della democrazia e sopratutto dalla assenza di un potere che le faccia rispettare. Tutto questo nella indifferenza, non certo casuale, della stampa internazionale che vede la vicenda statunitense non certamente primaria rispetto alle altre priorità offi sul tappeto; siamo alla stessa stregua delle elezioni di una qualche repubblica africana, che vede quasi sempre lo sconfitto non accettare la sconfitta, denunciare broglio e in tanti casi inizio di una guerra intestina che hanno distrutto il continente africano e i pochi vantaggi che il colonialismo aveva lasciato.
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