Timori
Tuttavia, per quanto il vantaggio della Bachelet sia schiacciante, prudenza vuole che si attendano i risultati finali. I fattori di incertezza derivano dal fatto che l’affluenza alle urne al primo turno è stata la più bassa nella storia del Cile democratico, raggiungendo solo il 56%.
La forte affermazione comunista potrebbe infatti aver scosso la massa degli astenuti, inducendo a qualche ripensamento una parte dei democristiani e dei socialdemocratici, timorosi che l’affermarsi di uno “stato sociale” in un contesto di crisi globale possa erodere quella crescita economica che negli ultimi anni si era mantenuta al tasso, considerato elevato, del 3,6%.
Alcuni potrebbero poi temere che una svolta a sinistra alteri il corso della politica estera, tradizionalmente orientata verso Occidente. Infatti il Cile, che assieme all’Argentina è forse il paese più “europeo” per cultura, tradizioni e mentalità del Sud America, si è sempre mantenuto “fuori dal coro” antioccidentale.
Come, per altri motivi, anche la Colombia, questo paese si è dimostrato refrattario a quella ventata ideologica che, nel giro di una quindicina d’anni, ha portato al potere nella maggioranza degli stati sudamericani governi, coalizioni, dittature o simil-dittature di sinistra.
Socialismi sfaccettati
Non tutti i “socialismi” sono uguali. A parte il vetero-comunismo castrista, in casa degli attori regionali di spicco bisogna distinguere tra il socialismo riformista (Brasile e Argentina) e quello populista di Venezuela e Bolivia. Di stile bolivariano sono il socialismo di Chavez e Maduro, di marcato sapore indigenista quello di Morales.
Per il Cile nulla di tutto ciò è valido, né questa contesa elettorale può essere considerata una competizione ideologica tra “pinochettiani” e “allendisti”. Il Cile è diverso, sebbene anche qui non sia il caso di parlare di Dottrina Monroe o di “giardino di casa” americano, concetti morti e sepolti.
Nel suo primo mandato, Bachelet si era mantenuta in una posizione di equilibrio, lontana sia dall’asse antiamericano (Venezuela, Bolivia e Nicaragua) che dai classici fiancheggiatori degli Stati Uniti (Colombia, Perù e Messico). Il suo successore, Pinero, aveva orientato il paese verso questo secondo polo. Ciò aveva contribuito ad attenuare lo storico contenzioso con il Perù che, assieme alla Colombia, ha sempre temuto, a ragione, una “definitiva” superiorità militare del Cile.
In effetti, il sistema militare cileno è di prim’ordine, probabilmente il più efficiente - in termini di addestramento, armamento, capacità operativa e controllo di una propria intelligence satellitare - di tutto il Sudamerica.
Militari
Equipaggiamenti, cultura, struttura e procedure sono ormai ben consolidate secondo un modello occidentale e tali rimarranno anche con Bachelet, allontanando ogni timore di virata in direzioni diverse. Nelle forze armate il pensiero occidentale è assai radicato. Il Comandante in capo è il presidente della Repubblica. La disciplina e addirittura la foggia delle uniformi sono di stampo germanico, mentre la dottrina operativa ricalca quella occidentale.
In epoca non sospetta, ormai lontana da Pinochet e vigente uno dei tanti governi di centro-sinistra, ho avuto la possibilità di volare sopra il deserto di Atacama con un gruppo da caccia del nord, di base vicino ad Antofagasta. Ho avuto la netta impressione di essere inserito, per analogia di lingua, di mezzi e di procedure, in un gruppo europeo della Nato. Anche con la socialista Michelle Bachelet, a meno che l’inusitata alleanza con i comunisti riesca ad imprimere una nuova deriva, lo sguardo dei cileni continuerà ad essere rivolto verso Occidente.
Chi, anche in Italia - condizionato dagli stereotipi sui militari sudamericani - intravede il sorgere di nuovi Pinochet, può tranquillizzarsi. Quelli cileni non sono affatto così. Bachelet, ritornando al potere dopo la parentesi del centro-destra, non avrà nulla da temere da loro. E nemmeno l’Occidente.
Giornalista pubblicista, Mario Arpino collabora con diversi quotidiani e riviste su temi relativi a politica militare, relazioni internazionali e Medioriente. È membro del Comitato direttivo dello IAI.
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