Nazioni Unite Se l’Onu torna in Somalia Andrea de Guttry 24/09/2013 |
Dal 1950 a oggi
Le Nazioni Unite hanno avuto un ruolo importante nella storia recente della Somalia. Nel 1950 l’Onu istituì, in quella che veniva definita “Italian Somaliland”, un regime internazionale di amministrazione fiduciaria, la cui gestione venne affidata all’Italia (la British Somaliland rimase invece, un protettorato britannico) sino al 1960, anno dell’indipendenza somala e della riunificazione formale tra le due parti di territorio.
Tra il 1992 e il 1995 il Consiglio di sicurezza decise di dispiegare le missioni Unosom 1 (1992), Unitaf (a comando Usa) e Unosom 2 con il compito di fornire e di facilitare l’assistenza umanitaria necessaria per fronteggiare la terribile carestia che stava affiggendo il paese, nonché di monitorare il rispetto del cessate il fuoco promosso dalle Nazioni Unite al termine della lunga guerra civile.
Le due missioni Unosom non riuscirono a conseguire il mandato loro affidato e, anche a seguito dei ripetuti attacchi che subirono, furono chiuse in anticipo, obbligando le Nazioni Unite ad “abbandonare” la Somalia in maniera precipitosa.
In seguito, l’attività Onu in Somalia si è concentrata essenzialmente su quattro versanti: favorire una soluzione politica del conflitto somalo, anche mediante il dispiegamento della missione Amisom (l’operazione dell’Unione africana in Somalia); rafforzare la lotta alla pirateria nelle acque antistanti la Somalia (mediante l’adozione di una serie di risoluzioni assai innovative); rafforzare il sistema di sanzioni per prevenire ulteriori violazioni di diritti umani e della sicurezza internazionale (si veda, per tutte, la recente risoluzione del Consiglio di sicurezza 2111(2013) e, infine, la recente decisione di attivare la missione Unsom.
Ambizioni onusiane
La recente missione rientra tra le così dette “Political Missions” delle Nazioni Unite. Il suo mandato risulta assai ambizioso: fornire assistenza al governo federale somalo in materia di pacificazione e riconciliazione nazionale, governance, stato di diritto, riforma degli apparati di sicurezza e coordinamento degli aiuti internazionali.
Infine rientra nel mandato della missione anche il delicato compito di aiutare le autorità locali nelle indagini relative alle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, con particolare attenzione alle violazioni dei diritti dei fanciulli e delle donne.
L’architettura istituzionale della missione prevede che la stessa sia presieduta da un rappresentante speciale del Segretario generale, attualmente il diplomatico britannico Nicholas Kay. Questo sarà assistito da due vice. Uno avrà il compito di coordinare tutte le iniziative intraprese in Somalia dalle varie agenzie ed istituti Onu, l’altro si occuperà del coordinamento umanitario.
Per conseguire gli obiettivi della missione, è previsto il dispiegamento di diverse centinaia di funzionari Onu la cui sicurezza fisica, che rimane uno dei problemi irrisolti in Somalia, viene affidata ad uno speciale contingente di oltre 300 soldati di Amisom.
Si tratta di un compito assai complesso anche perché è prevista l’apertura di uffici di Unsom sia a Mogadiscio che, appena possibile, a Hargeisa (Somaliland), Garowe (Puntland), Baidoa, Beledweyne e Kismaayo.
Sfide future
Tra le prossime sfide di Unsom devono essere ricordate quelle relative all’avvio di una proficua ed intensa collaborazione con Amisom e l’Unione africana (che spera molto che Unsom possa presto sostituire la missione Amisom), la gestione della sicurezza del personale delle Nazioni Unite (problema sicuramente prioritario), l’avvio di rapporti proficui con le autorità locali nel pieno rispetto del principio della local ownership, il rafforzamento delle collaborazioni con le amministrazioni del Puntland, Somaliland con la Jubba Interim Administration (nel sud del Paese).
E inoltre il pieno coinvolgimento dell’Igad, l’istituzione regionale che raggruppa i Paesi del Corno d’Africa, e degli stati limitrofi (ed in primis dell’Etiopia che ha svolto un ruolo importante nel processo di stabilizzazione della Somalia) ma soprattutto l’avvio, con l’aiuto dei donors internazionali, di programmi di sviluppo economico del paese.
Le difficoltà in cui la missione Unsom si trova ad operare, il mandato ambizioso ad essa affidato, le attese della popolazione locale e degli attori internazionali, richiedono che le Nazioni Unite non siano lasciate sole e che tutti i partner, ed in primis l’Europa, collaborino per il successo della missione.
La recente conferenza di Bruxelles, promossa dall’Unione europea e terminata il 16 settembre scorso con l’approvazione del “Somalia New Deal Compact” costituisce un primo passo importante di questa collaborazione che lascia presagire qualche speranza per il futuro del popolo somalo.
Andrea de Guttry è professore di diritto internazionale e vicedirettore della Scuola Superiore Sant’Anna. Direttore del Centro di ricerca internazionale sullo sviluppo dei conflitti e la politica globale della Scuola Superiore Sant’Anna.
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