Area transatlantica di libero scambio Ttip, l’imperativo dell’urgenza Umberto Marengo 20/02/2015 |
Nelle intenzioni dei negoziatori, il Ttip deve essere un trattato ambizioso che permetterà di abbattere le barriere che limitano l’accesso al mercato, come per esempio dazi doganali, o regole che impediscono in alcuni casi allo stato di acquistare beni prodotti all’estero per favorire i produttori domestici, armonizzare le norme di tipo legislativo/regolamentare che limitano di fatto il commercio internazionale (barriere non tariffarie) di alcuni specifici prodotti, semplificare e garantire il mutuo riconoscimento delle regole del commercio come (per esempio, le misure doganali, le regole sulle etichettature dei prodotti di origine controllata, l’export dell’energia, etc.).
Addio barriere tariffarie
Gli Stati Uniti e l’Ue sono, ad oggi, le due principali potenze economiche mondiali e producono da sole oltre della metà del Pil mondiale e un terzo del commercio internazionale.
Le due economie sono già profondamente integrate e i dazi doganali sono in media bassi (circa 3%), anche se restano elevati su prodotti specifici. Basta pensare ai dazi imposti dagli Stati Uniti sulle calzature, sul tessile e sul tabacco europeo. Washington si è detta disponibile a eliminare tutti i dazi el’Ue prevede di fare lo stesso con limitate eccezioni per alcuni prodotti agricoli.
Le barriere non tariffarie restano invece un forte ostacolo al commercio, specialmente per le piccole e medie imprese che non possono sostenere i costi di adeguamento agli standard statunitensi.
In media si stima che le barriere non tariffarie aumentino i costi del commercio di quasi il 40% per i beni e del 30% per i servizi. Non tutti questi costi sono comprimibili: in alcuni casi l’armonizzazione sarebbe troppo costosa e in altri le differenze sono il risultato di diverse scelte politiche sulla regolamentazione (in alcuni casi più stringente in Europa come nel caso dell’agricoltura, in altri più stringente negli Stati Uniti).
L’accordo ha un grande valore strategico per il futuro dell’economia internazionale che verrà discusso il 26 febbraio in occasione di una conferenza internazionale organizzata dall’Istituto Affari Internazionali.
Il Ttip viene negoziato in un momento in cui il peso economico dei paesi occidentali è in declino e gli Stati Uniti sono parallelamente coinvolti nelle trattative per un accordo di libero scambio nell’area del Pacifico (Trans-Pacific Partnership).
L’Ue dipende più di ogni altra area economica dal commercio internazionale. Gli scambi commerciali (import e export) valgono l’87% del Pil, contro appena il 30,3% degli Stati Uniti e il 50%,2 della Cina.
Il Ttip può rappresentare l’ultima possibilità per Europa e Stati Uniti di fissare gli standard di produzione di beni e servizi, di protezione dei consumatori e dei lavoratori, e di imporli al resto del mondo, prima di perdere ulteriore terreno e quote di mercato a favore dei paesi asiatici.
Ttip e interessi italiani
Gli Stati Uniti sono il primo partner commerciale extraeuropeo dell’Italia. L’economia italiana esporta oltre 27 miliardi di euro l’anno negli States (un trend in crescita) e ne importa 11 miliardi. Il Ttip sarebbe quindi di grande rilevanza per un paese competitivo sull’export come l’Italia.
Nella discussione pubblica di questi ultimi mesi (per esempio l’inchiesta Rai di Report dell’ottobre 2014) si è posta grande enfasi sul possibile impatto del Ttip sui settori agricolo e alimentare italiano.
Per quanto importanti, questi hanno un peso quantitativamente limitato nel commercio transatlantico (vale circa il 3% dell’export di valore aggiunto italiano negli Stati Uniti). Settori quali la meccanica e le attrezzature, i servizi, i trasporti e le comunicazioni hanno un peso quantitativamente superiore.
È quindi nell’interesse dell’Italia tenere alta l’attenzione politica sui settori della manifattura, della meccanica e dei trasporti, dove il paese è particolarmente competitivo nell’export e dove l’accordo contribuirebbe a rilanciare crescita e occupazione.
Il più grande nemico del Ttip - e dell’Ue - è il tempo. Le negoziazioni con gli Stati Uniti hanno faticato a partire, anche a causa della forte opposizione che il trattato suscita in alcuni settori in Europa.
Se non sarà possibile raggiungere un accordo entro le prossime elezioni presidenziali Usa del 2016 il Ttip rischia di diventare un guscio vuoto e l’Europa - un’economia bloccata e sul bordo della deflazione - perderà drammaticamente forza contrattuale sulla scena globale.
Gli Stati Uniti stanno attualmente chiudendo un altro Trattato con i paesi dell’Asean (Trans Pacific Partnership). Quando quell’accordo sarò raggiunto, diventerà ancora più difficile per l’Ue difendere i propri interessi sia con gli Stati Uniti che con tutti i paesi emergenti dell’Asia.
Se l’Europa vuole veramente difendere il proprio modello sociale ed economico nel mondo, l’accordo con gli Stati Uniti è una precondizione essenziale per poter interloquire in una posizione credibile con i paesi emergenti, ovvero con il futuro dell’economia mondiale.
Umberto Marengo è PhD candidate in EU Public Policy all’Università di Cambridge.