venerdì 20 febbraio 2015
Stati Uniti : Resisterà la dottrina Obama alla prova dello Stato Islamico?
di
Giulia Dal Fiume
(giuliadalfiume@libero.it)
Il
presidente Obama ha formato il suo pensiero strategico antiterrorismo
sostenendo il concetto di “no boots on the ground”, il progressivo ritiro delle
forze di terra dai vari teatri di guerra e l’utilizzo progressivo della
tecnologia dei droni e dell’appoggio tecnico-logistico di personale militare
americano agli eserciti locali. Così, dopo il maldestro ritiro dall’Iraq e il
disimpegno dall’Afghanistan, sembrava che tale strategia fosse stata pienamente
seguita, fino a oggi. Il Califfato è la nuova sfida che si pone agli Stati
Uniti. Intervenire o non intervenire, mandando uomini sul campo?
Il
Pentagono sta raccogliendo informazioni proprio per verificare la necessità o
meno di consigliare al presidente Obama l’invio di un contingente che affianchi
il debole esercito iracheno nella lotta contro lo Stato Islamico.
Se non
fosse per il massiccio sostegno dei curdi, delle milizie sciite e dei pasdaran iraniani probabilmente il
Califfato avrebbe già conquistato l’importante e strategica città petrolifera
di Kirkuk che invece pare resistere agli attacchi, grazie anche ai raid aerei
alleati.
Un
eventuale intervento statunitense cambierebbe notevolmente lo status attuale. La
reazione dell’opinione pubblica americana alle terribili morti toccate ai
giornalisti James Foley e Steve Sotloff per primi, ha posto degli interrogativi
per quanto concerne la strategia da seguire. Si sa che gli equilibri nella
regione mediorientale sono assai precari: da un lato le monarchie sunnite,
Arabia Saudita e Qatar in testa, che appoggiano le azioni statunitensi, ma
auspicano la caduta del regime del leader Assad, dall’altro un attore molto
discusso, l’Iran, che, invece, sostiene il fronte del presidente siriano. A ciò
si aggiungono le preoccupazioni di Riyad e di Doha, ma anche di Israele, di un
possibile accordo sul nucleare iraniano, che porterebbe Teheran a divenire
attore di primo piano al fianco di Washington nella lotta al Califfato.
Per il
momento i giochi sono tutti aperti, ma pare che per il presidente Obama Assad
rappresenti, al momento, il male minore e che sia necessario un dispiegamento
di uomini maggiore di quello attuale.
14 febbraio 2015
(geografia2013@libero.it)
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