Brasile Lo scandalo colpisce Lula, affossa Dilma Ilaria Masiero 06/04/2016 |
L’opinione pubblica nel frattempo è polarizzata tra i fedeli sostenitori di Lula, Dilma e del partito di sinistra che rappresentano (il Partito dei lavoratori, Pt), e coloro che li vorrebbero dietro le sbarre con buona parte della classe politica brasiliana. In tutta questa confusione, si rischia di perdere di vista i più profondi e strutturali problemi del Paese.
L’inchiesta Lava Jato
A due anni dall’inizio dell’inchiesta Lava Jato, il più grande caso di corruzione e riciclaggio di denaro della storia del Brasile, si fatica a vedere la luce fuori dal tunnel.
La complessa trama criminale intreccia funzionari pubblici, politici e società private intorno agli appalti per i contratti del colosso energetico statale Petrobras.
Alcuni dirigenti di questa compagnia statale ricevevano tangenti per manipolare l’assegnazione degli appalti dopo essere stati eletti e appoggiati da parlamentari e partiti politici (incluso il Pt) che a loro volta ricevevano tangenti a titolo individuale e per il partito.
Le imprese appaltatrici, d’altro canto, erano organizzate in un cartello che spartiva le commesse e sovrafatturava i lavori (pagati con denaro pubblico), oltre a gestire una rete di intermediari che riciclavano il denaro per poi ripassarlo ai vari complici.
L’eredità di Lula e il declino di Dilma
Durante la presidenza Lula (2003-2010), Dilma Rousseff è stata presidente del consiglio di amministrazione della Petrobras. Alcuni collaboratori di giustizia sul caso Lava Jato hanno sostenuto che Dilma sapesse dello schema criminale e abbia tentato, insieme a Lula, di ostacolare le indagini.
Per Lula, il sospetto è che abbia partecipato allo schema e incassato tangenti. Il 16 marzo, mentre si diffondeva la voce di un suo possibile arresto, la Rousseff lo ha nominato ministro, carica che garantisce una speciale immunità.
Poche ore dopo è stata divulgata una conversazione telefonica tra i due dalla quale emergono pochi dubbi sul fatto che la nomina a ministro sia avvenuta proprio per impedire l’arresto dell’ex presidente. Sulla scia di questi eventi, un giudice federale ha provvisoriamente sospeso la nomina, scatenando una battaglia giudiziaria di ricorsi e contro-ricorsi. Attualmente, la nomina è ancora sospesa.
Di umili origini e grande carisma, Lula è stato firmatario di importanti programmi sociali a favore dei più svantaggiati. L’ex presidente ha lasciato il palazzo presidenziale con un incredibile 80% d'approvazione popolare.
La vittoria della sua protetta, Dilma, nelle successive elezioni era praticamente scontata. E la presidente ha mantenuto e esteso i programmi sociali voluti dal suo predecessore, incassando un buon sostegno popolare nei primi anni di presidenza.
In seguito, tuttavia, l’arrivo della crisi economica e gli scandali legati all’inchiesta Lava Jato, tra le altre cose, hanno affossato il tasso di approvazione della Rousseff, che al momento si attesta poco sopra il 10%. Dilma rischia inoltre di perdere il mandato a causa di un procedimento di impeachment iniziato nel dicembre 2015. L’accusa è di aver truccato il bilancio dello stato del 2014 per nascondere la grave condizione economica del paese.
Fora Dilma!, è l’ora di Temer?
In caso di impeachment, Dilma sarebbe sostituita dal suo vice, Michel Temer, del partito centrista Pmdb (Partito del movimento democratico brasiliano). Buona parte dell’opinione pubblica anti-Pt è focalizzata su questo obiettivo, al grido di Fora Dilma!(Fuori Dilma!). In realtà, i problemi del paese hanno radici profonde e l’uscita di scena di Dilma rappresenterebbe solo un primissimo passo verso la soluzione.
Nell’era pre-crisi, il Brasile di Lula ha cavalcato l’onda della crescita e degli alti prezzi delle commodities di cui il paese è ricco, e finanziato con questo tesoretto una serie di programmi di trasferimento di reddito a favore dei più poveri (uno fra tutti, il Bolsa Família).
Dilma ha continuato sulla stessa strada, ma si è scontrata con condizioni economiche radicalmente differenti: il prezzo del petrolio è crollato, il Pil presenta tassi di crescita negativi, la disoccupazione è quasi raddoppiata dal 2014 e l’inflazione ha superato la soglia del 10%. Tutto ciò ha portato a un generale impoverimento, ingrossando ulteriormente le fila dei destinatari dei vari programmi sociali: oggigiorno, circa un brasiliano su quattro è beneficiario del Bolsa Família.
In sostanza, Lula ha commesso il peccato originale di finanziare spese certe con risorse incerte. Dilma si è dimostrata incapace di reagire alle mutate condizioni economiche, traghettando il Paese verso allarmanti livelli di deficit di bilancio e debito pubblico.
Per uscire dall’impasse, il Brasile ha bisogno di riforme radicali che non si limitino a mettere “una pezza” al deficit pubblico, ma reimpostino la strategia economica e il bilancio dello stato secondo canoni contabili più sostenibili.
Queste riforme potrebbero essere impopolari, perlomeno nel breve periodo, e non è chiaro se un governo guidato da Temer e indebolito dallo scandalo Lava Jato avrebbe la forza e gli incentivi necessari ad agire in tal senso.
Ilaria Masiero è laureata in Discipline Economiche e Sociali e dottoranda in Economia presso la Fundação Getulio Vargas di San Paolo.
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