giovedì 22 dicembre 2022
martedì 20 dicembre 2022
Perù. situazione difficile dopo un presunto colpo di stato
Numerosi manifestanti hanno sfilato per le strade di Lima chiedendo la liberazione dell'ex presidente Pedro Castillo dopo un presunto colpo di Stato fallito. La situazione è difficile e si rischia una ennesima spaccatura tra le parti contrapposte gettando il paese in una situazione caotica.
sabato 10 dicembre 2022
Messico: Obrador alla controffensiva. Il caos politico in America centrale
Lopez Abrador ha risposto alla più grande protesta antigovernativa del suo mandato, organizzando una manifestazione di piazza che è statoi un successo . Ache il Messico come gli Stati Uniti il Peru ed il Venezuela per citare i principali mostrano una società divisa in cui una parte non riesce a rispettare l'altra e nessuna riesce a governare il paese. I problemi si aggravano. Uno dei fattori da analizzare è il sistema preisdenziale. Eleggere direttamente dal popolo colui che deve guidare il Paese porta a queste situazioni in controllabili. Divide il potere in due centri uno del presidente a elezione indiretta ed uno al Governo eletto dal parlamento a elezione diretta potrebbe essere una soluzione per una stabilità cone in questi paesi è necessaria come in tutto il continente americano.
Materiali per tesi di laurea. Master. info: didattica.cesvam@istitutonastroazzurro.org.
venerdì 2 dicembre 2022
Una tragedia americana: D. Trump si candida alle elezioni del 2024.
Dopo che Stewart Rhodes e Kelly Meggs due membri della milizia di estrema destra sono stati condannati per cospirazione sediziosa per l'attacco al congresso del 6 gennaio, ancora negli Stati Uniti non si prende coscienza che Donald Trump ha attuato un vero e proprio colpo di stato il 6 gennaio 2021. In un paese dove l'equilibrio del rispetto delle leggi dovrebbe essere garantito, ancora si lascia il predetto Trump ad usufruire delle norme e dei diritti che una democrazia garantisce a chi la rispetta. Chi invece li usa per distruggerla la democrazia stessa dovrebbe garantirsi. Mentre si è feroci contro Assange, che nella sostanza ha fatto molto meno di quello che ha fatto Trump le leggi e le istituzioni sono ferree nel perseguitarlo, verso un golpista del calibro di Trump e dei migliaia come lui che hanno dato l'assalto al Congresso si ha tanta di quell'indulgenza da pensare che ormai le infiltrazioni nelle maglie della democrazia hanno passato il limite di guardia.
Pochi giorni dopo aver annunciato la sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2024 Donald TRump ha organizzato una cena con alcuni estremisti. Tra questo Kanye West che si è distinto ultimamente per le posizione antisemite da lui assunto. Nick Fuentes un suprematista bianco che in passato ha negato l'olocausto ed è favorevole alla segregazione razziale e che sostiene che gli ebrei dovrebbero essere espulsi dagli Stati Uniti e che il governo dovrebbe instaurare un regime cattolico autoritario.
Azioni queste che preparano una campagna elettorale all'insegna della divisione. E se puoi Trump non riesce a vincere c'è sempre la via del colpo di stato.
domenica 20 novembre 2022
USA: Rapporti con l'Europa
Al di là del Piano
Marshall
L’attuale crisi globale
Sergio Benedetto Sabetta
Si è parlato
in questi ultimi tempi di un piano di ripresa economico simile al Piano
Marshall, che durò dal 1948 al 1952, tuttavia, come è stato da più parti
evidenziato, risulta improprio parlare di un Piano Marshall nell’attuale
contesto storico.
Al
tentativo, riuscito, di riorganizzare una economia atlantica fondata
sull’interscambio, collassata con la Grande Guerra, si affiancava la volontà di
creare un blocco economico antisovietico, tanto che a una prima manifestazione
di interesse da parte della Russia ne seguiva un totale rifiuto.
Vi era
infine la volontà di creare un tessuto economico su cui appoggiare le Istituzioni
che, secondo Roosevelt, avrebbero dovuto governare il mondo impedendo nuove
guerre generalizzate (ONU, FMI, GATT, Banca Mondiale).
Con
l’appoggio USA sorsero organizzazioni di interscambio nell’Europa Occidentale,
a cui aderirono vinti e vincitori, a partire dal carbone e dall’acciaio (CECA).
Il Piano non
era composto solo da prestiti finanziari per un valore totale di poco superiore
ai 13 miliardi di dollari, ma comprendeva anche uno scambio di materie prime e
beni, la cui vendita dava vita a un fondo vincolato a politiche di
aggiornamento produttivo e parallelamente alla diffusione di beni di consumo
secondo il modello USA.
Gli aiuti
furono concentrati innanzitutto sul Regno Unito e Francia, in secondo luogo su
Italia e Germania Occidentale:
·
Regno
Unito, 3.297 milioni di dollari;
·
Francia, 2.296 milioni di dollari;
·
Italia, 1.204 milioni di dollari;
·
Germania
Occidentale, 1.448 milioni di dollari.
In Italia il Piano Case Fanfani
concentrò molte risorse, oltre che sulla ricostruzione delle infrastrutture
necessarie alla ripartenza economica, sull’edilizia popolare per ripianare i
danni abitativi derivanti dalla guerra.
Questo
permise di riattivare l’industria e riassorbire una parte della disoccupazione
, a questo fu affiancato l’acquisto negli USA di nuove tecnologie per
rimpiazzare i vecchi e desueti macchinari.
Si preferì
quindi investire a lungo termine, evitando una dispersione sui puri consumi,
come avrebbero in parte preferito accentuare gli USA .
Attualmente il
recupero degli investimenti incentivati in edilizia senza precisi criteri,
bensì a pioggia, ha favorito una pura dispersione speculativa di risorse
altrimenti impiegabili, con un’ottica a breve termine.
Né vi è
stata favorita tutta l’Industria nazionale, in quanto molti materiali sono stati forniti
dall’estero, né un riassorbimento della disoccupazione è stato realizzato per
un continuo spostamento di personale su cantieri semivuoti, per l’eccessiva
apertura dei cantieri stessi in un lasso di tempo troppo breve.
Si è
favorita di fatto la formazione di una pericolosa bolla speculativa, con
interventi edilizi molte volte non mirati e superflui, a parte gli inevitabili
aspetti criminali favoriti dai tempi stretti e dalla mancanza di precisi
criteri.
Anche il
contesto in cui ci si è ritrovati con l’uscita dalla pandemia non è lo stesso del
secondo dopo guerra, quando due blocchi piuttosto omogenei e con precisi leader
si contrapponevano, vi erano inoltre molti meno Stati essendovi vaste aree da
decolonizzare e una conseguente minore complessità relazionare da gestire.
In termini
geo-strategici in Europa si sono create nuove tensioni e il conflitto in
Ucraina viene ad investire non solo aspetti ideologici ma anche di
disponibilità di risorse, sia come materie prime che come beni.
Si viene
quindi a parlare da parte del Fondo Monetario Internazionale di eventuale
recessione, di fronte alla frenata di USA e Cina, nonché di Berlino in Europa,
con stime di crescita del 2,5 e 1,4 rispettivamente per il 2022 e il 2023,
relativamente alle economie avanzate, e di 3,6 e 3,9 per i paesi emergenti in via
di sviluppo, rispetto al 6,1 e al 6,8 del 2021.
Anche il
tanto decantato passaggio al green, al fine di recuperare i cambiamenti
climatici in atto, conseguenza di una crescita economica globale impostata su
uno sfruttamento errato delle risorse naturali, quale ulteriore leva per una
nuova crescita economica, è in molti casi solo apparentemente non inquinante
usando, tra l’altro terre rare, motivo di ulteriore scontro tra potentati per
il loro controllo.
La guerra in
atto e quelle precedenti degli ultimi anni, le si possono leggere in controluce
anche in questi termini.
Da quanto
finora esposto non si può proprio fare riferimento al precedente caso del Piano
Marshall.
BIBLIOGRAFIA GENERALE
·
John
L. Harper, La Guerra Fredda. Storia di un mondo in bilico, Il Mulino 2013;
·
G.
De Luna, Dalla Guerra Fredda alla dissoluzione dell’URSS, La Storia Vol. 14,
Mondadori 2007;
·
S.
B. Sabetta, Evoluzione del concetto di Stato dal XIX al XXI secolo, Montedit
2022.
lunedì 7 novembre 2022
USA: un paese sempre più diviso
Le elezioni di metà mandato trovano gli Stati Uniti ancora più divisi che mai. Il paese non è stati mai così diviso come in questo periodo. Il dato più significativo è il grande scontro, un vero e proprio conflitto, inotorno alla costituzione , al documento fondativo che dovrebbe unire più che dividere. L'8 novembre si terranno le elezioni per rinnovare tutta la camera dei rappresentanti ed un terzo del senato. Il Presidente in carica controlla entrambi i rami del congresso. . Le previsioni vedono i repubblicano accreditati per il controllo ella camera dei deputati mentre per il senato le previsioni sono incerte.
Il clima nel paese è molto incerto e molto teso. La destra americana è sempre più insofferente per la politica di aiuti verso l'Ucraina e, nel solco della precedente amministrazione, vorrebbe un atteggiamento più morbido se non accondiscendente verso la Russia di Putin. In questa prospettiva l'Europa dovrebbe essere molto attenta ai risultati di questa elezione, in quanto ormai è palese che gli Stati Uniti, con la governo la destra repubblicana la lascerebbero a difendersi da sola.
Approfondimento in l?Internazionale, n. 1485 4 novembre 2022
lunedì 31 ottobre 2022
Brasile. Lula trionfa su Bolsonaro.
Il 30 ottobre 2022 Lula da Silva del partito dei Lavoratori è stato eletto presidente con il 50, 9 % dei volti Il leader uscente Jair Bolsonaro ha ottenuto il 49, 3 % dei voti. Lula già presidente dl 2003 al 2010 è il leader della sinistra brasiliana, e si va ad aggiungere alle altre maggiori economia del Sud America guidate da leader di sinistra. Alberto Fernandez in Argentina, Gustavo Petro in Colombia Gabriel Boric in Cile Adres Manuel LOpez Obrador in Messico. Lula eredita un paese distrutto ed allo stremo, molto più povero di quello che aveva lasciato. Ormai il Brasile come potenza emergente non è esiste più e la sua appartenenza ai BRIC è puramente teorica. Come la Russia, che con la guerra in Ucraina ha mostrato tutta la sua debolezza economica, oggi il Brasile, grazie alle politiche sovraniste si è impoverito oltre ogni limite. TRa i principali problemi che Lula deve affrontare dal 1 gennaio 2023 è quello della fame che oggi colpisce più di trenta milioni di brasiliani.
giovedì 20 ottobre 2022
USA: Il sistema politico amministrativo
8 novembre: elezione di mezzo termine. Rinnoco totale della Camera dei Rappresentanti e di un terzo del Senato.
lunedì 10 ottobre 2022
mercoledì 21 settembre 2022
Waschinton D.C
Immagine suggestiva di Waschington DC, Distretto di Columbia, la Capitale degli Stati Uniti. Il Distretto di Colombia è l'unico territorio degli Stati Uniti in cui il presidente degli Stati Uniti ha giurisdizione.
martedì 20 settembre 2022
Rivista LIMES Giugno 2022 La Guerra Russo-Americana
Numero dedicato allo scontro tra gli Stati UNiti e la Confederazione Russa.
Mosca avanza Waschington arretra. La russificazione dell'Ucraina PUtin e Kissinger La Stranissima Coppia
Indici del volume in data 10 ottobre 2022.
sabato 10 settembre 2022
Trump ed i 5 Stelle
Le dichiarazioni recenti dell'ex presidente Trump portano ancora acqua alla tesi che vede un legame diretto tra il partito dei 5 Stelle e la passata amministrazione americana (2016-2020). Ampie sono gli spunti in cui il legame appare evidente, ma la recente dichiarazione di Trump che vede nel capo del partito dei 5s un suo amico ed il desiderio dell'ex presidente che questo partito vinca le elezioni in Italia non possono che far concludere il legame esistente. il giornale "Repubblica del 6 e del 7 settembre 2022 riporta articoli su questa situazione e per affrofondimenti vi si rimanda
mercoledì 31 agosto 2022
La Colombia ed il petrolio
di Maurizio Sacchi
Il 7 agosto 2022 si é insediato alla presidenza della Colombia Gustavo Petro, primo presidente di sinistra del Paese nei 200 anni della sua indipendenza. “Questo è il governo della vita, della pace, e sarà ricordato come tale”, ha detto Petro nel suo discorso inaugurale. “La vita deve essere la base della pace. Una vita giusta e sicura. Una vita da vivere con gusto, da vivere felici, in modo che la felicità e il progresso siano la nostra identità. “Oggi inizia la Colombia del possibile”. Il giorno precedente Petro aveva celebrato a Bogotà, di cui é stato sindaco, di fronte a una rappresentanza di indigeni, di popolo e di minoranze. “Mi aspetta un palazzo freddo, quindi ricevo questo mandato popolare e spirituale con grande emozione. Per non dimenticare le realtà che dobbiamo affrontare d’ora in poi. Le cose cambieranno senza dubbio”.
Un aspetto simbolico ha giocato nella cerimonia di insediamento la spada di Simón Bolívar. Il 17 gennaio 1974, il movimento guerrigliero Movimiento 19 de Abril (M-19) trafugò la spada dalla Quinta de Bolívar, ispirandosi al furto della bandiera dei 33 Orientales compiuto dai Tupamaros (di cui faceva parte Pepe Mujica) in Uruguay. Il furto di questo simbolo fu il primo atto del movimento guerrigliero e rimase in loro possesso fino al 1990.
Nelle parole del Libertador doveva essa non riposare finché gli ideali non si fossero affermati- L’arma storica fu restituita allo Stato quando l’M-18 firmò l’accordo di pace e deposto le armi. tornando alla vita civile. E Petro aveva richiesto che la spada fosse presente all’atto del suo giuramento, malgrado il rifiuto del presidente uscente, Iván Duque, di rimuovere la spada dal luogo in cui è custodita.
Alla cerimonia hanno partecipato, i presidenti di Argentina, Alberto Fernández, Cile, Gabril Boric, e Bolivia, Luis Arce. E anche il re di Spagna, che si é però rifiutato di alzarsi quando la spada – utilizzata da Bolivar nelle guerre di indipendenza contro gli spagnoli – ha fatto la sua comparsa. il gesto di imporre la fascia a Petro é stao affidato alla senatrice María José Pizarro, figlia del comandante che smobilitò l’M-19, e che fu poi assassinato quando era candidato alle presidenziali.
La “pace totale” citata da Petro comporta il disarmo dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln), l’ultimo gruppo guerrigliero attivo. Ma anche la sconfitta delle narcomafie, come il famigerato Clan del Golfo, che malgrado l’immenso danno che recano alla comunità e all’ostacolo che pongono allo sviluppo sociale, continuano a generare enormi profitti. A questo proposito, ha proposto una svolta rispetto alla politica proibizionista. “La guerra alla droga ha rafforzato le mafie e indebolito gli Stati (…) ha portato gli Stati a commettere crimini e ha fatto evaporare l’orizzonte della democrazia”, ha affermato.
Ma la riforma fiscale, della sanità e delle pensioni, del diritto del lavoro, una riforma radicale dell’istruzione, comportano un prezzo economico da finanziare. Inoltre, l’accordo di pace con le Farc prevedeva una riforma agraria radicale, che assegni la terra ai contadini che non ce l’hanno e il sostegno dello Stato allo sviluppo delle campagne. Il tutto, attuando la transizione energetica per sostituire i combustibili fossili con fonti pulite ed eliminare la dipendenza dell’economia dalle esportazioni di carbone e petrolio.
La riforma fiscale prevista da Petro dovrebbe finanziare questa svolta radicale. Ma al Congresso l’alleanza che sostiene Petro non ha la maggioranza, e questo non sarà facile. “Proponiamo una riforma fiscale che generi giustizia (…) Le tasse non saranno confiscatorie, saranno semplicemente eque, in un Paese che deve riconoscere l’enorme disuguaglianza sociale in cui viviamo come un’aberrazione”.
Le risorse su cui può contare la Colombia derivano dalle esportazioni, che nel 2021 hanno subito un’accelerazione del 30,4% rispetto ai 31 miliardi di dollari del 2020. Ma l’industria petrolifera rappresenta quasi il 50% delle esportazioni -legali- del Paese. Il 72,8% dei prodotti esportati dalla Colombia è stato acquistato da importatori: Stati Uniti d’America (28,5% del totale globale della Colombia), Cina popolare (9%), Panama (6,1%), Brasile (5,1%), Ecuador (4,3%), India (3,8%), Turchia (3,1%), Messico (3%), Cile (2,69%), Perù (2,67%), Paesi Bassi (2,4%) e Italia (2,2%).
Potrebbe imporsi una scelta fra l’attuazione delle riforme sociali e la conversione verde. Il dilemma é molto concreto e attuale. Il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (U.N.D.P.) aveva appena annunciato una partnership nell’Amazzonia colombiana, tra l’agenzia delle Nazioni Unite e GeoPark, la multinazionale del petrolio. L’azienda ha contratti per trivellare vicino alla riserva Siona, compreso uno con il governo che espanderebbe le operazioni in quella che i Siona considerano la loro terra ancestrale. Un pacchetto di aiuti regionali da 1,9 milioni di dollari. In un villaggio privo di acqua corrente, con elettricità intermittente e povertà persistente, qualsiasi somma avrebbe significato cibo e opportunità. Ma per i Siona della riserva di Buenavista, le trivellazioni petrolifere sono un’aggressione, come il prosciugamento del sangue dalla terra. Per il New York Times, “questa collaborazione è un esempio di come una delle più grandi organizzazioni per lo sviluppo sostenibile del mondo collabori con gli inquinatori”.
Petro ha dato prova di pragmatismo includendo in posizioni chiave politici che non provengono dalla sinistra e che hanno buoni rapporti con i legislatori di altri settori. Fin dalla campagna elettorale si è avvicinato a Roy Barreras, un politico astuto che è stato a destra, al centro e ora a sinistra, e che è il presidente del Congresso fino al luglio 2023. E ha nominato ministro degli Interni, responsabile delle relazioni politiche, Alfonso Prada, che ha avuto una carriera nei partiti liberali e verdi. Entrambi sono stati importanti nella gestione delle maggioranze legislative nel governo di Juan Manuel Santos, e portano questa esperienza al nuovo esecutivo per affrontare la sfida.
Il governo Duque ha mantenuto durante il suo mandato un sussidio di milioni di dollari per il carburante. Con un’inflazione annua superiore al 10% e un deficit fiscale importante, il governo si trova di fronte al dilemma se mantenere la politica di riduzione dei sussidi lasciata da Duque, con il rischio di aumentare la pressione sull’inflazione e produrre malcontento, o se mantenere i sussidi e aumentare il deficit dello Stato. E rimane il dubbio su come si comporterà la classe imprenditoriale, che non ha mai avuto a che fare con un governo di sinistra, che ora promette di cambiare radicalmente la struttura economica del Paese.
Fonte Atlante delle Guerre 2022
sabato 20 agosto 2022
mercoledì 10 agosto 2022
sabato 30 luglio 2022
Sud America La svolta a sinistra con ostacoli III Boliivia ed Equado
La I Parte dell'articolo è pubblicata in data 10 luglio
La II Parte in data 20 luglio 22 Cile e Peru
La III Parte in data 30 luglio 22 Bolivia Equator
Fonte Atlante delle Guerre Luglio 2022
Bolivia
L’11 giugno un tribunale boliviano ha giudicato l’ex presidente del Senato Jeanine Áñez colpevole di aver orchestrato il colpo di Stato che l’ha portata al potere durante la crisi politica del 2019 e l’ha condannata a 10 anni di carcere. Nel 2019 il presidente in carica Evo Morales era stato costretto a dimettersi per le polemiche seguite alla sua rielezione, posta in questione dalla sua ricandidatura, non prevista dalla costituzione. A seguito delle dimissioni delle principali cariche del Paese, la Áñez, rappresentante della destra, in quanto vicepresidente del Senato, fu nominata presidente ad interim, cioé solo per traghettare la Bolivia a nuove elezioni. Tuttavia, secondo la corte, andò contro le regole della costituzione autonominandosi presidente a tutti gli effetti. La sua difesa ha dichiarato che si appellerà agli organismi internazionali per ottenere giustizia e diversi settori dell’opposizione hanno programmato marce di protesta contro la sentenza.
Il tribunale ha anche condannato a 10 anni di carcere l’ex comandante delle forze armate Williams Kaliman e l’ex comandante della polizia Vladimir Calderon. Altri quattro ex capi militari hanno ricevuto condanne minori. “Siamo preoccupati per come è stato portato avanti questo caso. E chiediamo ai tribunali superiori di esaminare come sono stati condotti i procedimenti”, ha dichiarato Cesar Muñoz, di Human Rights Watch, prima del verdetto. “Non ho mosso un dito per diventare presidente, ma ho fatto quello che dovevo fare. Ho assunto la presidenza per obbligo, secondo quanto stabilito dalla Costituzione”, ha dichiarato Añez nella sua dichiarazione finale al giudice.
Ecuador
Un manifestante è rimasto ucciso durante uno scontro con le forze dell’ordine durante il nono giorno di proteste contro il governo ecuadoriano. L’avvocato Lina María Espinosa, dell’Alleanza delle organizzazioni per i diritti umani commenta: “C’è stato uno scontro e questa persona è stata colpita in faccia – ha detto -, a quanto pare da una granata lacrimogena”. L’ uomo faceva parte di un gruppo di manifestanti che hanno bloccato la città amazzonica di Puyo, a sud di Quito. Un giovane, la notte precedente, era morto dopo essere caduto in un burrone durante le manifestazioni: la procura ha avviato un’indagine per omicidio.
La Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador (Conaie) ha avuto un ruolo centrale nelle rivolte che hanno rovesciato tre presidenti tra il 1997 e il 2005 e guidato le manifestazioni del 2019 che hanno causato 11 morti, dal 13 giugno organizza marce e blocchi stradali per chiedere un abbassamento dei prezzi del carburante. Migliaia di indigeni hanno iniziato lunedì una marcia pacifica che dal Sud del Paese si dirige alla capitale Quito.
Oltre al prezzo del carburante, i manifestanti denunciano la mancanza di lavoro, il via libera alle concessioni minerarie nei territori indigeni, l’assenza di controllo sui prezzi dei prodotti agricoli e una rinegoziazione dei debiti dei contadini con le banche.
Nella loro articolata complessità, le sfide che attendono i nuovi governi sudamericani hanno in comune oltre, all’esigenza di conciliareesigenze economiche immediate e preservazione dell’ambiente, anche il debito pubblico, che ostacola gli investimenti necessari alle riforme. E in articolare, il debito a breve termine. Il debito a breve termine comprende tutti i debiti con scadenza originaria pari o inferiore a un anno e gli interessi arretrati sul debito a lungo termine. Le riserve totali comprendono l’oro.
Il Paese con il valore più alto della regione è il Venezuela, con un valore di 451,25. Segue l’Argentina col 103, il Parahuay col 50, la Colombia col 24, il Brasile col 19,4, l’Ecuador col 14, come il Perù. Il Paese con il valore più basso della regione è la Guyana, con un valore di 7,98. Per il Cile non é disponibile il dato.
Il debito estero è quella parte del debito totale di un Paese che è dovuta a creditori esterni al Paese stesso. I debitori possono essere il governo, le imprese o le famiglie. Il debito include il denaro dovuto a banche commerciali private, altri governi o istituzioni finanziarie internazionali. L’indebitamento esterno influisce sull’affidabilità creditizia di un Paese e sulla percezione degli investitori. Ma sia in termini assoluti che relativi, l’America del Sud non presenta dati scandalosi, se paragonati ad esempio all’Italia o altri Paesi dell’Europa meridionale. Quindi, la diffidenza dei mercati finanziari sembra fondarsi su esperienze del passato, e su uno sguardo sospettoso dal punto di vista politico.
Il servizio totale del debito viene confrontato con la capacità dei Paesi di ottenere valuta estera attraverso le esportazioni di beni, servizi, reddito primario e rimesse dei lavoratori. Gli indici di indebitamento sono utilizzati per valutare la sostenibilità degli obblighi di servizio del debito di un Paese, ma non esistono regole assolute per stabilire quali valori siano troppo elevati. Secondo l’istituto Indexmundi“ l’analisi empirica dell’esperienza dei Paesi in via di sviluppo mostra che le difficoltà di servizio del debito diventano sempre più probabili quando il valore attuale del debito raggiunge il 200% delle esportazioni.”
Questo dovrebbe, dati alla mano, far pensare che esistano le condizioni per finanziare i vasti e profondi programmi di riforme in tutti questi Paesi. Ma la sfiducia sull’affidabilità dei nuovi governi , se non il sabotaggio intenzionale di essi, grava sull’America del Sud. Vari indicatori determinano il livello sostenibile del debito estero, tra cui: il rapporto debito/PIL, il rapporto debito estero/esportazioni, e il rapporto debito pubblico/entrate fiscali. I Paesi con economie ed esportazioni in rapida crescita vengono valutati negli ambiti finanziari i più in grado di sostenere livelli di debito più elevati: ma questo a condizione di mantenere o incrementare le atttività destinate all’esportazione: appunto, l’attività estrattiva, e l’ampliamento delle aree agricole a scapito del patrimonio ambientale.
Concludendo, la sfida del nuovo corso sudamericano sta anche nel guadagnarsi la fiducia dei mercati finanziari, senza perdere quello dell’elettorato. E nell’altra difficile sfida di conciliare ambiente e sviluppo, efficienza e superamento delle diseguaglianze. Ma, per difficile che sia la sfida, é una nuova alba, davvero mai vista, quella che si affaccia all’orizzonte del Sud America, e potrebbe essere davvero l’inizio di una nuova era per il magnifico e provato continente.
Maurizio Sacchi
mercoledì 20 luglio 2022
Sud America. La svolta a sinistra con ostacoli Cile e Perù II Parte
La I Parte dell'articolo è pubblicata in data Odierna
La II Parte in data 20 luglio 22 Cile e Peru
La III Parte in data 30 luglio 22 Bolivia Equator
Fonte Atlante delle Guerre Luglio 2022
Maurizio Sacchi
Cile
In Cile, dopo l’entusiasmo seguito alla vittoria del governo Boric, e al trionfo delle sinistre nella scelta dei membri dell’Assemblea costituente, le prospettive sono incerte in vista del plebiscito del 4 settembre, che deve decidere se approvare o respingere la bozza. Gli ultimi sondaggi suggeriscono che l’entusiasmo iniziale per la riforma si è dissipato: secondo i sondaggi, il 46 percento ha dichiarato che rifiuterà la bozza, mentre solo il 38 percento si dichiara a favore. Con 499 articoli, la nuova Costituzione cilena sarebbe la più lunga del mondo, e l’approccio, definito a volte “massimalista” adottato dai delegati potrebbe essere alla radice della perdita di consensi. La Convenzione si è divisa in tre commissioni: una per snellire e condensare il documento, un’altra per tracciare la transizione da una costituzione all’altra e una terza per scrivere un preambolo. “C’è il rischio di sostituire una costituzione illegittima e autoritaria con una costituzione divisiva e mal definita”, ha dichiarato Kenneth Bunker, direttore di tresquintos.cl, un sito web di analisi politica.
Il nuovo presidente cileno, Gabriel Boric, aveva espresso il suo sostegno alla Convenzione subito dopo aver vinto le elezioni di dicembre. Ma ora rischia di veder sfumare il consenso per il collegamento che l’opinione pubblica fa tra la sua giovane e promettente squadra di governo e la controversa bozza di Costituzione. Anche qui, il tema delle risorse naturali e dell’ambiente occupa un ruolo centrale.
Quando il 1° febbraio la Commissione per l’Ambiente ha approvato l’articolo che stabilisce la nazionalizzazione dei beni naturali del Paese, la reazione è stata forte, soprattutto da parte dell’industria mineraria su larga scala. L’industria la rifiuta perché rallenterebbe gli investimenti e lo sviluppo minerario. I membri della Convenzione che sostengono la proposta ritengono che, indipendentemente dal fatto che raggiunga o meno i 2/3 in plenaria, sia importante aprire il dibattito per chiudere un processo che è stato invertito durante la dittatura senza la partecipazione dei cittadini. Gli oppositori ritengono che contenga “incertezza e vaghezza”. E’ un argomento ricorrente nella storia del Cile, come anche del suo vicino Perù, i due principali produttori di rame.
L’assemblea costituenteha deciso di dichiarare lo “Stato di emergenza climatica ed ecologica” e diverse norme che ne derivano avevano causato forti dubbi e contrasti. Quando, ai primi di febbraio, la Commissione per l’Ambiente, i Diritti della Natura, i Beni Naturali e il Modello Economico ha approvato con 11 voti a favore, 6 contrari e 2 astensioni l’articolo transitorio che stabilisce la nazionalizzazione dei beni naturali del Cile, ha trovato l’opposizione del sindacato minerario, che teme la perdita di posti di lavoro. E’ solo l’inizio di una discussione che potrà essere approfondita e definita in plenaria, dove saranno necessari i 2/3 dei voti.
La proposta di nazionalizzazione, che potrebbe avere effetti sull’attività mineraria su larga scala, non è ancora stata sottoposta all’esame dell’Assemblea plenaria e non si prevede che raggiunga i 2/3 del suo mandato. Ma pare che i costituenti abbiano scelto la formula di presentare inizialmente proposte di cambiamenti profondi e radicali, che potrebbero essere inizialmente respinti, ma poi modificati in sede di dibattito in modo da ottenere efficaci modifiche intermedie all’attuale modello minerario. Il settore minerario rappresenta il 12,5 percento del Pil nazionale, di cui l’estrazione del rame rappresenta l’11,2 percento, secondo l’Annuario minerario cileno 2020 del Servizio nazionale di geologia e miniere.
Sono però 120 i miliardi di dollari che, secondo gli economisti Ramón López e Gino Sturla Zerene, il Paese sta consegnando alle grandi compagnie minerarie transnazionali perché non c’è una tassazione adeguata per le aziende che sfruttano le risorse naturali. Inoltre, i critici dello stato attuale delle miniere sottolineano anche i danni ambientali irreversibili ai fragili ecosistemi.
La maggior parte delle grandi miniere si trova nel territorio delle popolazioni indigene, dice Selena Godoy Monárdez,nata nel 1967), attivista della comunità Qulla in Cile. “Ci hanno contaminato. La produzione mineraria è completamente dannosa per l’ecosistema, per i territori, per la natura”. Tuttavia, Godoy riconosce che non è realistico porre completamente fine all’attività mineraria e afferma che come popolo indigeno vorrebbe orientarsi verso un modello statalista. “Non per ampliare ciò che esiste, ma piuttosto per passare gradualmente a un modello che ci permetta di sviluppare altre tecnologie e altri prodotti aggiunti dall’attività estrattiva”. Ivanna Olivares, deputata della regione di Coquimbo, all’inizio di febbraio ha rilasciato dichiarazioni in difesa della legge approvata dalla commissione
Dobbiamo aprire un dibattito a livello nazionale sul destino delle risorse naturali strategiche come il rame e il litio. La nostra proposta è stata molto criticata, perché gli interessi in gioco sono molti, ma abbiamo anche ricevuto un importante sostegno da parte dei cittadini e del mondo accademico. Non va dimenticato che nel 2013 il sondaggio del Centro de Estudios Públicos ha registrato che l’83% dei cileni era favorevole alla nazionalizzazione dell’estrazione del rame su larga scala. La nostra proposta è che come Paese possiamo discutere le questioni essenziali per esercitare la nostra sovranità. Ci sono molti argomenti e punti di vista che devono essere presi in considerazione, ma il dialogo non può essere messo in discussione“, afferma l’insegnante di storia, che fa parte del Movimiento Territorial Constituyente e del Movimiento de Defensa por el acceso al Agua, la Tierra y la Protección del Medio Ambiente (Modatima).
Secondo Olivares, quattro sono gli aspetti che dovrebbero costituire la base minima del dibattito. In primo luogo, secondo l’autore, si dovrebbe considerare come la popolazione cilena decida democraticamente quali progetti minerari autorizzare – e a quali condizioni – e quali non autorizzare. In secondo luogo, ritiene che “la crisi socio-ecologica dell’attuale estrattivismo” debba essere presa in considerazione e che si debbano stabilire limiti chiari – da definire nella Costituzione – per la riparazione integrale delle comunità e della natura colpite dall’inquinamento e dal degrado. Un terzo punto è, a suo avviso, la giustizia redistributiva, per stabilire chi riceve e chi beneficia del reddito minerario. Infine, ritiene che si debba dare valore alle attività minerarie minori attraverso l’incipiente industrializzazione, un processo in cui lo Stato dovrebbe svolgere un ruolo attivo.
Perù
Il Perù è il secondo produttore di rame al mondo e Las Bambas, di proprietà cinese, nel distretto di Mara, nella regione di Apurimac è uno dei maggiori siti di estrazione mondiali del metallo, oggi ancor più prezioso in vista della conversione al motore elettrico. Las Bambas rappresenta da sola l’1% del prodotto interno lordo del Perù. La comunità delle Ande peruviane ha sospeso mercoledì il blocco dell’ autostrada utilizzata dalla miniera di rame Las Bambas, in gestione della società cinese MMG Ltd, accettando di negoziare con il governo e l’azienda le condizioni per la riapertura della strada bloccata con pneumatici e barricate, La protesta ha causato un problema all’amministrazione del presidente Pedro Castillo, che è entrato in carica l’anno scorso con l’impegno di ridistribuire la ricchezza mineraria, ma che affronta al contempo il problema di una grave crisi economica. “È una tregua che durerà fino a mercoledì della prossima settimana. Se non si troverà una soluzione, riprenderemo la protesta”, ha dichiarato Efrain Mercado, presidente del fronte di difesa del distretto di Mara. Il blocco segnala un nuovo conflitto a sole due settimane dalla ripresa delle operazioni da parte dell’azienda mineraria, dopo un’altra protesta che ha costretto Las Bambas a chiudere per oltre 50 giorni, la più lunga nella storia della miniera. “Stiamo bloccando la strada perché il governo sta ritardando la valutazione dei terreni attraverso i quali passa la strada. È una protesta a tempo indeterminato”, ha dichiarato uno dei leader del distretto di Mara, prima che il blocco fosse sospeso.
Fonte Atlante delle guerre luglio 2022
domenica 10 luglio 2022
Sud America. La svolta a sinistra con ostacoli Argentina e Brasile I Parte
di Maurizio Sacchi
Dopo la vittoria di Gustavo Petro in Colombia, per l’America del Sud si delinea un panorama inedito. Se alle prossime elezioni in Brasile dovesse affermarsi Ignacio Lula Da Silva, praticamente tutti i Paesi più importanti del subcontinente avrebbero un governo di sinistra. È il coronamento di un processo che ha visto da una parte il progressivo superamento dell’egemonia da parte degli Stati Uniti, che storicamente hanno fatto ricorso anche a dittature fantoccio, pur di mantenere l’America latina nella posizione di “backyard”, il giardino privato degli Usa. Queste vittorie politiche non delineano però un futuro facile per i nuovi governi, che, seppur con modalità assai diverse, si trovano davanti alla sfida di soddisfare le richieste di eguaglianza che li hanno portati al potere, e la crescente domanda di difesa dell’ambiente, in una situazione di grave crisi economica. Entrano così in conflitto le esigenze di sfruttare al massimo le risorse minerarie e agricole per finanziare le riforme, con quella di frenare le deforestazioni e il dissesto del territorio causato dalle attività estrattive. Di seguito, un panorama della situazione attuale.
Argentina
Il crollo di consensi del governo Fernandez, a pochi mesi dalla vittoria alle presidenziali, é stato testificato dalle elezioni amministrative di quest’anno. Alla radice della sconfitta c’é l’economia: In Argentina l’nflazione a fine 2022 é calcolata al 70 per cento. Il problema di fondo è una grave carenza di gas e diesel, che costringe l’Argentina a importare idrocarburi, intaccando le esigue riserve di dollari della Banca centrale. Secondo la società di consulenza Ecoviews, nei mesi di giugno, luglio e agosto la bolletta energetica mensile passa da meno di 100 milioni di dollari a quasi 1.200 milioni, per effetto degli acquisti di gas dalla Bolivia e GPL sui mercati internazionali. Eppure l’impianto estrattivo di Vaca Muerta, in Patagonia è ai suoi record di produzione di gas, ma i gasdotti sono saturi e non è più possibile inviare il combustibile nelle grandi città, e il Paese deve importarlo per via marittima e a caro prezzo. La costruzione del gasdotto per Vaca Muerta ridurrebbe i livelli di importazione, e renderebbe possibile l’accesso ai mercati regionali.
Ma l’Argentina per questo avrebbe bisogno di investimenti internazionali significativi per un periodo di tempo prolungato. Le attuali condizioni economiche, senza accesso alla valuta estera, sono un impedimento. A causa della mancanza di dollari, l’Argentina applica severi controlli sui cambi e limita il rimpatrio dei profitti delle multinazionali, che quindi si tengono alla larga dal Paese australe. E quindi mancano i capitali necessari per la razionalizzazione , come quella nel settore petrolifero. E par il gasdotto, che il governo ha chiamato Néstor Kirchner, in onore dell’ex presidente e marito dell’attuale vicepresidente.
Questo ha causato le dimissioni del ministro dello Sviluppo produttivo Matìas Kulfas. Kulfas accusa i funzionari di Kirchner di ritardare l’avvio del gasdotto e di sostenere, contro il parere del ministro dell’Economia, un sistema di sussidi per l’energia domestica che l’anno scorso è costato alle casse pubbliche 11 miliardi di dollari, pari al 2,3% del PIL. Le tariffe di elettricità, gas e acqua, congelate dalla fine del governo Mauricio Macri hanno accumulato un ritardo di oltre il 200%, nel tentativo di evitare che le bollette aumentino l’inflazione. “La (…) sfida è stata uscire dal folle sistema di sussidi energetici che ha governato il nostro Paese per due decenni”, ha scritto Kulfas, “che ha un enorme costo fiscale, è socialmente ingiusto, centralista, antifederale e pro-ricchi ( …), che da peronista mi mette in imbarazzo”, scrive Kulfas commentando le sue dimissioni.
Da Energía Argentina hanno risposto con una lettera sarcastica: “Purtroppo si osserva che mentre il Ministero dell’Energia era una dipendenza sotto la sua orbita, fino ad agosto dello scorso anno, e non più tardi, è riuscito a capire come funziona il sistema energetico“.Intanto i lavori sul gasdotto sono solo nelle fasi iniziali, ed è improbabile che sia pronto entro la fine del prossimo anno, come auspica il governo.
Brasile
Al momento, i sondaggi per le presidenziali brasiliane del 2 di ottobre danno Lula al 41 percento, che stacca di 10 punti Bolsonaro al 31. Riabilitato in politica dopo aver recuperato i suoi diritti, Lula cercherà il suo terzo mandato dopo aver scontato 580 giorni di carcere politico ed aver ottenuto l’annullamento della sua condanna. Quanto al programma, l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha proposto di difendere l’Amazzonia, combattere la deforestazione e proteggere le popolazioni indigene, secondo il documento Linee guida per il programma di ricostruzione e trasformazione del Brasile.
Sono ben 121 punti che tengono in conto una molteplicità di questioni, come la riforma del lavoro, l’azienda petrolifera nazionale Petrobras, il rispetto delle leggi ambientali, il tetto di spesa, il rafforzamento della democrazia e i programmi di lotta alle disuguaglianze e alla fame. “Questo documento contiene un riassunto di ciò che pensano tutti coloro che sono in questa marcia”, ha affermato Gleisi Hoffmann, presidente del Partito dei Lavoratori (PT), a capo del movimento Vamos Juntos por Brasil, composto da altre sei organizzazioni politiche, a sostegno del duo elettorale Lula-Gerardo Alckmin. Un’alleanza necessaria per sconfiggere il leader di estrema destra Jair Bolsonaro alle elezioni di ottobre.
Il governo ultraliberista di Jair Bolsonaro ha dimostrato di non avere visione e competenza per affrontare il tema economico. Le elezioni del 2022 si svolgono infatti sotto il segno di un’inflazione elevata —al 12 percento- combinata con un alto tasso di disoccupazione
Nel settembre 2021, riferendosi all’aumento del prezzo del carburante, Bolsonaro aveva affermato che “nulla è così grave da non poter peggiorare“. E infatti l’inflazione è il grande tallone d’Achille per il presidente in carica, e secondo alcuni commentatori l’elettorato femminile, portato a votare più da considerazioni pratiche che ideologiche, potrebbe essere il punto decisivo per la vittoria di Lula. Che però dovrebbe trovare il modo di conciliare la politica ambientale con le esigenze economiche, un dilemma che percorre tutta l’America del Sud che svolta a sinistra.
La I Parte dell'articolo è pubblicata in data 10 luglio
La II Parte in data 20 luglio 22 Cile e Peru
La III Parte in data 30 luglio 22 Bolivia Equator
Fonte Atlante delle Guerre Luglio 2022
giovedì 30 giugno 2022
Una lettura politico – strategica della sentenza della Suprema Corte USA
Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta
La sentenza
della Corte Suprema U.S.A che ha abolito il diritto all’aborto,
reintroducendone addirittura il reato, è stata letta in termini di diritti
umani, ma i diritti umani possono leggersi anche in termini non solo giuridici
bensì geo-strategici.
Ad esempio
nell’attuale guerra in Ucraina colpire obiettivi civili, quali centri
commerciali, è considerato un crimine di guerra, ma la guerra si fonda innanzi
tutto sulla manipolazione dei flussi comunicativi.
Dobbiamo
inoltre considerare che, a parte i danni collaterali sempre più probabili con
l’allungamento del conflitto, la pressione sulla popolazione diviene inevitabile
quale contesto del conflitto, come la distruzione della rete di rifornimenti o
l’occultamento di depositi di materiali militari in ambienti civili, con
l’ulteriore beneficio della riprovazione morale se colpiti.
Ritornando
all’aspetto più propriamente giuridico della sentenza, questa evidenzia anche
nella contrapposizione dei membri dell’Alta Corte la spaccatura esistente
attualmente nella società americana.
Vi è
tuttavia una ulteriore considerazione che supera l’aspetto puramente ideologico
dei diritti umani ed è l’aspetto strategico- politico che essa nasconde,
attualmente, come è stato da più parti osservato, vi è in atto una
ridefinizione delle aree di influenza globale, una tensione esistente da almeno
un decennio e che la pandemia ha fatto emergere, in tutta la sua forza.
In
quest’ambito dobbiamo osservare che mantenere il primato strategico comporta la
necessità di una capacità di sacrifici economici ed umani da parte sia
dell’élite che della popolazione, una volontà che attualmente viene a mancare
in buona parte della popolazione.
Secondo la
teoria neoliberista attuale, il controllo avviene in termini finanziari ed
informatico-tecnologici, non è la produzione delle merci il centro del potere
che può essere delegato all’estero, circostanza che ha provocato
l’impoverimento della classe media.
Tuttavia il
portato si un forte individualismo, dell’impoverimento e della volontà di
mantenere comunque uno stile di vita improntato al consumo è l’invecchiamento
della popolazione.
I figli
costano e diventano un peso, né vi è un riconoscimento sociale, l’aborto
facilita la denatalità, questa tuttavia si concentra sulla fascia dei
discendenti degli europei, in particolare del Nord Europa, con il pericolo di
perdere la direzione della società di fronte alle altre etnie.
In questo
momento di conflitto e di una guerra mondiale strisciante, occorre ringiovanire
la popolazione e ricompattarla su valori che superino lo stretto individualismo
in funzione della comunità nazionale.
La Sentenza
è quindi nei fatti una “chiamata alle armi”, sebbene non espressa, in cui
problemi interni ed esterni si rispecchiano.
domenica 19 giugno 2022
187 minuti che fanno storia
In gioventù si aveva la certezza che i Detective statunitensi fossero dei fenomeni. In tutti i film provenienti da oltre oceano questi si dimostrarono di generazione in generazione sempre di ottima fattura, implacabili contro i delinquenti e gli assassini
Ultimamente, nelle profondità della tragedia trampiana, ci sono voluti oltre 12 mesi per stabilire che Trump ha ordito l'attacco a Capitol Hill il 6 gennaio. Il presidente della Commissione di Inchiesta ha dichiarato inoltre che il Presidente in carica ha aspettato oltre 187 minuti, nonostante i suggerimenti di tutti i suoi consiglieri ed anche dei familiari per prendere provvedimenti.
Stiamo parlando della non accettazione del verdetto delle elezioni da parte id un Presidente, Per molto meno qualcuno sta scontando condanne a vita,
venerdì 10 giugno 2022
Gadget dell'Istituto del Nastro Azzurro
martedì 31 maggio 2022
Quando gli Stati Uniti erano gli Stati Uniti
Fonte: LIMES, Rivista di Geopolitica. n. 5 /2022.. Edoardo Boria, Il Piano Marschall Dati
Carta pubblicata dalla Rivista Limes a cura di Edoardo Boria che illustra gli aiuti che gli Stati Uniti misero in campo per ricostruire l'Europa distrutta dalla guerra. Questi aiuti furono rifiutati dalla Unione Sovietica che alzò quella che Winston Churchill definì nel celebre discorso alla Università di Fulton nel 1946 "la cortina di ferro" che nella carta è ben marcata. Nel contempo Mosca aiutava in modo correlato i paesi sotto la propria influenza. Iniziava la guerra fredda che avrebbe diviso il mondo per oltre 40 anni
venerdì 20 maggio 2022
Le Relazioni tra La Cina e gli Stati Uniti
Le relazioni tra la Repubblica Popolare Cinese e gli Stati Uniti rappresentano oggi il nodo più importante a livello globale. Un rapporto che è stato sempre altalenante, alternando periodi di efficace e proficua collaborazione a situazioni di grande attrito , come quella che viviamo in questi giorni. Breve storia di un rapporto difficile: una sintesi storica dei rapporti far le due superpotenze a partire dalla nascita della Repubblica popolare cinese
di Maurizio Sacchi
Gli Stati Uniti e la Cina sono rispettivamente la prima e la seconda economia mondiale, ma è quasi certo, ed imminente, il sorpasso della superpotenza asiatica su quella a stelle strisce. La Cina è il secondo creditore estero degli Stati Uniti, dopo il Giappone. Un aspetto paradossale di questo confronto è che spesso le maggiori tensioni si siano verificate quando alla guida degli Stati uniti sono state amministrazioni democratiche, mentre, al di là della retorica nazionalista, si siano avuti momenti di apertura reciproca durante alcune delle presidenze a guida repubblicana. Ma la questioneè talmente complessa da resistere a facili semplificazioni.
Quasi subito dopo la proclamazione della Repubblica popolare i rapporti fra i due colossi sono nati fra le difficoltà .L’nvasione della Corea del Sud da parte della Corea del Nord, con i suoi stretti legami con Mosca e Pechino, causò l’’approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite della Risoluzione 82, che prevedeva l’azione militare contro la Corea del Nord.malgrado l’opposizione dell ‘Unione Sovietica, che pose il veto, Mao Zedong, Presidenre della Repubblica popolare cinese (Rpc) vedeva come una minaccia la presenza di forze ostili al proprio confine. L’avvertimento del Ministro degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese Zhou Enlai, secondo cui la Cina sarebbe intervenuta in guerra per motivi di sicurezza nazionale, fu respinto dal Presidente Usa Truman. Alla fine di ottobre del 1950, la Cina si scontrò con le forze americane e internazionali. Durante la Battaglia del Fiume Ch’ongch’on, il cinese Esercito Volontario del Popolo sconfisse l’Ottava Armata statunitense. I cinesi uscirono vittoriosi anche nella Terza battaglia di Seul e nella battaglia di Hoengsong, ma in seguito al contrattacco delle forze dell’Onu il fronte si spostò sul 38° parallelo. La situazione di stallo si concluse con la firma dell’Accordo di armistizio coreano il 27 luglio 1953. Da allora, la Corea divisa è diventata un fattore importante nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina, con ingenti forze americane di stanza nella Corea del Sud.
Nei successivi anni della Guerra fredda, tra Cina e Usa le relazioni furono gelide, anche perché gli statunitensi continuavano a riconoscere come unica Cina la Repubblica nazionalista di Taiwan, nata dallo stabilirsi nell’antica Formosa del governo in esilio di Chang Kai-Shek. Il deteriorarsi dei rapporti fra l’Urss e la Cina maoista offriva agli Stati uniti l’occasione per indebolire i sovietici, e costruire un’alleanza, o almeno un accordo, col gigante asiatico. Nel suo discorso inaugurale del 1969, il presidente americano Richard Nixon affermò che i due Paesi stavano entrando in un’era di negoziati dopo un’era di scontri. Sebbene durante la campagna presidenziale Nixon avesse sostenuto a gran voce Chiang Kai-Shek, nella seconda parte del mandato cominciò a dichiarare che non vi fosse “nessuna ragione per lasciare la Cina arrabbiata e isolata”. Anche se un editoriale del Quotidiano del Popolo lo denunciò come “un capo tribù a cui il mondo capitalista si era rivolto per disperazione”, Nixon riteneva che fosse nell’interesse nazionale americano instaurare una relazione con la Cina, nonostante le enormi differenze tra i due Paesi. Questo cambiamento di rotta è da attribuire al suo Consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger. Iniziava così quella che fu definita come “diplomazia del ping-pong”.
Diplomazia del ping-pong
Nel 1971, un incontro amichevole in Giappone tra i giocatori di ping-pong Glenn Cowan e Zhuang Zedong aprì la strada a una visita in Cina di atleti americani, fino ad allora improponibile, che il Presidente Mao approvò personalmente..La diplomazia del ping-pong permise anche ai giornalisti di entrare nel Paese, rompendo una barriera che esisteva in precedenza. Nel luglio 1971, Henry Kissinger si dette malato durante un viaggio in Pakistan e non apparve in pubblico per un giorno. In realtà era in missione top-secret a Pechino per negoziare con il premier cinese Zhou Enlai. L’incontro con Zhou Enlai fu produttivo, e il leader cinese espresse la speranza di un miglioramento delle relazioni tra Cina e Stati Uniti, sostenendo che fossero stati gli Stati Uniti ad aver intenzionalmente isolato la Cina, e non viceversa, e che qualsiasi iniziativa per ripristinare i legami diplomatici dovesse provenire da parte americana. “Siamo disposti ad aspettare tutto il tempo necessario. Se questi negoziati falliscono, col tempo arriverà un altro Kennedy – che a quanto pare aveva iniziato contatti segreti prima di venire ucciso – o un altro Nixon”.
Il 15 luglio 1971, il presidente Richard Nixon rivelò al mondo la missione e annunciò di avere accettato l’invito a visitare la Rpc. Questo annuncio provocò un immediato shock in tutto il Mondo. Negli Stati Uniti, alcuni anticomunisti della linea dura (in particolare il senatore dell’Arizona Barry Goldwater) denunciarono la decisione, ma la maggior parte dell’opinione pubblica appoggiò la mossa e Nixon vide il balzo nei sondaggi che sperava. Nixon aveva ottime credenziali anticomuniste, era praticamente immune dall’essere definito “morbido nei confronti del comunismo”. Anche nella Rpc la decisione incontrò l’opposizione di elementi radicali. Apparentemente, la fazione era guidata da Lin Biao, capo dell’esercito, che proprio allora morì in un misterioso incidente aereo sulla Mongolia mentre cercava di fuggire verso l’Unione Sovietica. La sua morte mise a tacere la maggior parte del dissenso interno.
Dal 21 al 28 febbraio 1972, il Presidente Nixon si recò a Pechino, Hangzhou e Shanghai. Al termine del viaggio, gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese emisero il Comunicato di Shanghai, una dichiarazione dei rispettivi punti di vista in politica estera. Nel comunicato, entrambe le nazioni si impegnarono a lavorare per la piena normalizzazione delle relazioni diplomatiche. Gli Stati Uniti riconoscevano la posizione della Rpc, secondo cui tutti i cinesi su entrambe le sponde dello Stretto di Taiwan condividono la posizione “una sola Cina”, e che Taiwan ne fa parte. La dichiarazione ha permesso, fino ad oggi, agli Stati Uniti e alla Rpc di accantonare temporaneamente la questione di Taiwan e di aprire gli scambi e le comunicazioni. Inoltre, nella dichiarazione, sia gli Stati Uniti che la Cina concordavano di intervenire contro “qualsiasi Paese” che voglia stabilire una “egemonia” nell’Asia-Pacifico.
I benefici economici della normalizzazione furono lenti, poiché i prodotti americani avrebbero impiegato decenni per penetrare nel vasto mercato cinese. Sebbene la politica di Nixon nei confronti della Cina sia considerata da molti come il punto culminante della sua presidenza, altri, come William Bundy, hanno sostenuto che essa abbia apportato ben pochi benefici agli Stati Uniti. Ma intanto i rapporti diplomatici erano stabiliti, e gli Usa installarono un United States liason office (Uslo) a Pechino: di fatto un’ambasciata. Tra il 1973 e il 1978, George W. Bush, Thomas S. Gates, Jr. e Leonard Woodcock hanno servito come capi dell’Uslo con il grado di ambasciatore. La Cina chiarì di considerare l’Unione Sovietica il suo principale avversario. L’ufficiale di collegamento George Bush concluse: “La Cina continua a volere che siamo forti, che difendiamo l’Europa, che aumentiamo i nostri bilanci per la difesa, ecc.” Bush concluse che l’impegno americano era essenziale per sostenere i mercati, gli alleati e la stabilità in Asia e nel mondo.
Il 1° gennaio 1979 gli Stati Uniti trasferiscono il riconoscimento diplomatico da Taipei a Pechino. Gli Stati Uniti ribadirono il riconoscimento del Comunicato di Shanghai della posizione cinese secondo cui esiste una sola Cina e Taiwan è una parte della Cina; Pechino accettava da parte sua che gli americani continuassero a mantenere contatti commerciali, culturali e altri contatti non ufficiali con la popolazione di Taiwan. Taiwan, pur aspettandosi pienamente questo passo, espresse il suo disappunto per non essere stata consultata prima L.’Unione Sovietica e i suoi alleati dell’Europa dell’Est si mostrarono per lo più indifferenti, la Romania ha accolto con favore la mossa, mentre Cuba e l’Albania vi si opposero con forza. La Corea del Nord rilasciò una dichiarazione in cui si congratulava con “i nostri fraterni vicini per aver posto fine alle relazioni a lungo ostili con gli Stati Uniti”.
Nodo Taiwan
Poco dopo essere stato eletto Presidente nel 1980, Ronald Reagan pronunciò un discorso in cui criticava la Repubblica popolare, e si compiaceva del ripristino dei legami con Taiwan. Queste osservazioni suscitarono una certa preoccupazione a Pechino, ma i consiglieri di Reagan si scusarono rapidamente per i suoi commenti e il Presidente eletto li ritrattò presto. I primi due anni di mandato di Reagan videro un certo deterioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Cina a causa del forte anticomunismo del Presidente e dell’incapacità delle due nazioni di trovare un’intesa sul conflitto coreano, su quello israelo-palestinese e sulla guerra delle Falkland-Malvine. Nel 1982, il leader cinese Deng Xiaoping, ribadendo la teoria dei “tre mondi” di Mao Zedong, criticò l’imperialismo degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica.
Dal rinnovo delle relazioni tra Stati Uniti e Cina all’inizio del 1979, la questione di Taiwan è rimasta una delle principali fonti di contesa.. Nell’aprile del 1979, il Congresso degli Stati Uniti ha firmato la legge sulle relazioni con Taiwan (Taiwan Relations Act), che incoraggia le relazioni non ufficiali con Taiwan, ma anche il diritto degli Stati Uniti di fornire a Taiwan armi di carattere difensivo. Clausola che appena resa nota causò la ferma opposizione della Repubblica popolare. Il Segretario di Stato Alexander Haig visitò la Cina nel giugno 1981 nel tentativo di risolvere le preoccupazioni cinesi sulle relazioni non ufficiali dell’America con Taiwan. L’allora vicepresidente Bush visitò la Rpc nel maggio 1982. Otto mesi di negoziati produssero il comunicato congiunto Usa-Rpc del 17 agosto 1982. In questo terzo comunicato, gli Stati Uniti dichiararono la loro intenzione di ridurre gradualmente il livello di vendita di armi alla Repubblica di Cina e la Rpc definì “fondamentale” questo impegno, nella ricerca di una soluzione pacifica alla questione di Taiwan.
Piazza Tienanmen
Durante le amministrazioni di Bill Clinton e George W. Bush, vennero dispiegati sistemi di armamento navale e aereo a Guam e in Giappone, e la cooperazione con Singapore era iniziata con la costruzione di una struttura per portaerei nella base navale di Changi. “L’Amministrazione Bush ha assegnato un’ulteriore portaerei al teatro del Pacifico e il Pentagono ha annunciato nel 2005 che avrebbe dispiegato il 60% dei sottomarini statunitensi in Asia”. Gli americani, allora ottimisti sullo svilupparsi di caratteristiche democratiche in Cina in parallelo alla rapida crescita economica, furono traumatizzati e sorpresi dalla brutale repressione delle proteste pro-democratiche di Piazza Tienanmen nel 1989. Gli Stati Uniti e altri governi adottarono allora una serie di misure contro la violazione dei diritti umani da parte della Cina. Gli Stati Uniti sospesero gli scambi di funzionari di alto livello con la Rpc e le esportazioni di armi dagli Stati Uniti a Pechino.
Qui comincia la stagione delle sanzioni economiche. Nell’estate del 1990, al vertice del G7 di Houston, l’Occidente ha fatto pressante richiesta di riforme politiche ed economiche alla Cina continentale, in particolare nel campo dei diritti umani. Tienanmen ha gravemente deteriorato le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina e l’interesse degli investitori statunitensi per la Cina continentale è calato drasticamente. L’amministrazione Bush denunciò la repressione e sospese alcuni programmi commerciali e di investimento il 5 e il 20 giugno 1989, ma fu il Congresso a imporre molte di queste azioni e la Casa Bianca stessa assunse un atteggiamento molto meno critico nei confronti di Pechino, esprimendo ripetutamente la speranza che i due Paesi potessero mantenere relazioni normalizzate.
Questo cambiamento di rotta degli Usa causò forti reazioni in Cina. Il manifesto del 1996 “La Cina può dire no”, i cui autori chiedevano a Pechino di intraprendere azioni più aggressive contro gli Stati Uniti e il Giappone per costruire una posizione internazionale più forte ne fu un caso esemplare. Il Governo cinese dapprima approvò il manifesto, La Cina che sa dire no: scelte politiche ed emotive nell’era post-Guerra Fredda, che divenne un bestseller, ma poi lo proibì, definendolo estremista e irresponsabile. La sua popolarità indica comunque la crescita del sentimento antiamericano e antigiapponese nel pubblico cinese, e la disillusione di molti cinesi più giovani e più istruiti alla ricerca di un ruolo importante nei sistemi economici e politici globali..
Durante la campagna per le presidenziali del 2000, George W. Bush criticò ripetutamente la precedente amministrazione Clinton-Gore per l’eccessiva amicizia con la Cina, percepito come un concorrente strategico. Nell’aprile 2001, un caccia J-8 della Plaaf – l’aviazione cinese – entrò in collisione con un aereo da ricognizione EP-3 della Marina statunitense che volava a sud della Rpc, in quello che divenne noto come l’incidente dell’isola di Hainan. L’EP-3 riuscì a effettuare un atterraggio di emergenza sull’isola di Hainan, nella Rpc nonostante i danni; l’aereo della Rpc precipitò invece con la perdita del suo pilota, Wang Wei. L’equipaggio americano venne fatto prigioniero dopo aver distrutto tutti i documenti classificati relativi alle operazioni dell’aereo. Dopo lunghe trattative, sfociate nella “lettera delle due scuse”, l’equipaggio dell’EP-3 venne rilasciato e autorizzato a lasciare la Rpc undici giorni dopo. L’aereo statunitense fu restituito da Pechino tre mesi dopo in pezzi, dopodiché le relazioni tra gli Stati Uniti e la Rpc tornarono gradualmente a migliorare.
L’ostilità di Bush e il “perno” di Obama
All’inizio della sua presidenza Bush incrementò la vendita di armi a Taiwan, compresi 8 sottomarini. La posizione ostile di Bush nei confronti della Cina venne improvvisamente ribaltata dopo gli attentati dell’11 settembre, e la Cina divenne un alleato nella nuova “guerra contro il terrore”, congelando gli accordi degli Stati uniti con Taiwan. Il Presidente Obama ha cambiato le priorità strategiche degli Stati uniti, definendone come “perno” (pivot) l’Asia orientale, concentrando la diplomazia e il commercio degli Stati Uniti nella regione. Il continuo emergere della Cina come grande potenza è stato uno dei temi principali della presidenza di Obama. Conosciuto anche come “Pivot to Asia”, il “pivot” militare e diplomatico americano, o “rebalance”, verso l’Asia è diventato una parola d’ordine dei democratici americani dopo che Hillary Clinton ha scritto “America’s Pacific Century”, su Foreign Policy. L’articolo della Clinton sottolinea l’importanza dell’Asia-Pacifico, notando che quasi la metà della popolazione mondiale vi risiede, rendendo il suo sviluppo vitale per gli interessi economici e strategici americani. La Clinton afferma che “i mercati aperti in Asia offrono agli Stati Uniti opportunità senza precedenti per gli investimenti, il commercio e l’accesso a tecnologie”.
Sebbene i due Paesi abbiano collaborato su questioni come il cambiamento climatico, le relazioni tra Cina e Stati Uniti hanno registrato tensioni per quanto riguarda le rivendicazioni territoriali nel Mar cinese meridionale e nel Mar cinese orientale. Nel 2016, gli Stati Uniti hanno ospitato per la prima volta un vertice con l’Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico (Asean), riflettendo la ricerca dell’amministrazione Obama di relazioni più strette con l’Asean e altri Paesi asiatici. Dopo aver contribuito a incoraggiare elezioni in Myanmar, che tiene stretti legami con la Rpc, Obama revocò molte sanzioni statunitensi sul Paese. Obama ha anche aumentato i legami militari degli Stati Uniti con il Vietnam, l’Australia e le Filippine, ha incrementato gli aiuti al Laos e ha contribuito al ristabilimento di relazioni più cordiali tra Corea del Sud e Giappone. Obama concepiva infatti il Partenariato Trans-Pacifico come pilastro economico chiave del pivot asiatico.
Le critiche a Obama
Non tutti però erano d’accordo con Obama. Robert S. Ross, associato al John King Fairbank Center for Chinese Studies dell’Università di Harvard, sostiene per esempio che il “pivot” verso la Cina sta creando una profezia che si autoavvera, per cui la politica statunitense “aggrava inutilmente le insicurezze di Pechino e non farà altro che alimentare l’aggressività della Cina, minare la stabilità regionale e diminuire la possibilità di cooperazione tra Pechino e Washington”. “Le giuste politiche per la Cina dovrebbero placare, e non sfruttare, le ansie di Pechino, proteggendo al contempo gli interessi degli Stati Uniti nella regione” (Ross, Robert (Foreign Affairs November–December 2012). “The Problem with the Pivot: Obama’s New Asia Policy Is Unnecessary and Counterproductive”).
Donald Trump operò una svolta, ritirando la firma degli Stati Uniti dal Partenariato Trans-Pacifico nel gennaio 2017. Di conseguenza, l’accordo non ha potuto essere ratificato e non è entrato in vigore. La conversazione telefonica del Presidente Trump con la Presidente di Taiwan Tsai Ing-wen il 2 dicembre 2016 è stato il primo contatto di questo tipo con Taiwan da parte di un Presidente eletto o di un Presidente americano dal 1979. Ha provocato una protesta diplomatica da parte di Pechino. Trump ha poi chiarito la sua mossa: “Capisco perfettamente la politica di ‘una sola Cina’, ma non so perché dobbiamo essere vincolati da una politica di ‘una sola Cina’ a meno che non facciamo un accordo con la Cina che abbia a che fare con altre cose, incluso il commercio”.
Il giorno dell’insediamento del Presidente Trump, un funzionario dell’Esercito Popolare di Liberazione ha scritto che l’accumulo militare degli Stati Uniti in Asia e la sua spinta ad armare la Corea del Sud con il sistema di difesa missilistico THAAD erano “punti caldi provocatori che si stavano avvicinando all’accensione” e che le possibilità di guerra erano diventate “più reali”. Dopo una conversazione telefonica con Trump del 3 luglio 2017, Xi Jimping dichiara che: “Le relazioni Cina-Stati Uniti hanno fatto grandi progressi negli ultimi giorni, ma sono state anche influenzate da alcuni fattori negativi” Cosa si intenda con “fattori negativi”, lo spiega Geng Shuang, portavoce del Governo cinese, che in un briefing televisivo ammoniva: “Con il pretesto della libertà di navigazione, la parte americana ha nuovamente inviato navi militari nelle acque territoriali cinesi delle isole Xisha (Paracel). Ciò ha violato il diritto cinese e internazionale, ha violato la sovranità cinese, ha turbato l’ordine, la pace e la sicurezza delle acque interessate e ha messo in pericolo le strutture e il personale delle isole cinesi interessate. Si tratta di una grave provocazione politica e militare. La parte cinese è fortemente insoddisfatta e si oppone fermamente alle azioni degli Stati Uniti”.
Un altro punto critico della presidenza Trumpè stato l’arresto della direttrice finanziaria di Huawei il 1° dicembre 2018. Nell’agosto 2018, il governo statunitense ha firmato un aggiornamento della legislazione per il Comitato sugli investimenti esteri negli Stati Uniti, ampliando il controllo governativo sugli investimenti,soprattutto finanziati dallo Stato cinese, nelle startup tecnologiche statunitensi. Michael D. Swaine nel 2019 avvertiva: “Le forze, gli interessi e le convinzioni spesso positive e ottimistiche che hanno sostenuto i legami bilaterali per decenni stanno cedendo il passo a un indebito pessimismo, all’ostilità e a una mentalità a somma zero in quasi tutte le aree di impegno”.
Le relazioni con la nuova amministrazione Biden nel 2021 hanno visto acuirsi le tensioni su commercio, tecnologia e diritti umani, in particolare per quanto riguarda Hong Kong e il trattamento delle minoranze in Cina. Inoltre, le tensioni internazionali relative al controllo del Mar Cinese Meridionale sono rimaste elevate. Tuttavia, le amministrazioni Biden e Xi hanno concordato di collaborare su progetti a lungo termine riguardanti i cambiamenti climatici, la proliferazione nucleare e la pandemia globale. Il 18 e 19 marzo 2021 si sono svolti colloqui bilaterali in Alaska. Blinken e il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan hanno incontrato il membro del Politburo Yang Jiechi e il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Gli americani hanno attaccato duramente le politiche cinesi in materia di diritti umani, attacchi informatici, Taiwan e la repressione nello Xinjiang e a Hong Kong. La controparte cinese ha attaccato la posizione degli Stati Uniti nel mondo e ha difeso i diritti di sovranità e il modello di sviluppo della Cina.
L’epoca di Biden
ll 3 marzo 2021, l’amministrazione Biden ha riaffermato la forza delle relazioni tra gli Stati Uniti e Taiwan nell’Interim National Security Strategic Guidance dell’amministrazione. L’8 marzo 2021, l’amministrazione Biden ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Saremo al fianco di amici e alleati per far progredire la prosperità, la sicurezza e i valori condivisi nella regione dell’Indo-Pacifico. Manteniamo i nostri impegni di lunga data, come indicato nei Tre Comunicati, nel Taiwan Relations Act e nelle Sei Assicurazioni. E continueremo ad assistere Taiwan nel mantenere una sufficiente capacità di autodifesa”.
Il 23 maggio 2022, il presidente Biden, durante il suo viaggio in Asia, ha giurato di difendere Taiwan con l’esercito statunitense in caso di invasione da parte della Cina. Il 2 agosto 2022, infine, Nancy Pelosi, Presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, ha visitato Taiwan, provocando la risposta militare ed economica da parte della Cina che occupa le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Qui siamo alla cronaca di questi giorni e qui si ferma la nostra breve sintesi storica dei rapporti tra i due grandi colossi mondiali, senza dimenticare quanto conta l’alleanza strategica tra Cina e Russia saldatasi durante la guerra in corso in Ucraina