di Maurizio Sacchi
Dopo la vittoria di Gustavo Petro in Colombia, per l’America del Sud si delinea un panorama inedito. Se alle prossime elezioni in Brasile dovesse affermarsi Ignacio Lula Da Silva, praticamente tutti i Paesi più importanti del subcontinente avrebbero un governo di sinistra. È il coronamento di un processo che ha visto da una parte il progressivo superamento dell’egemonia da parte degli Stati Uniti, che storicamente hanno fatto ricorso anche a dittature fantoccio, pur di mantenere l’America latina nella posizione di “backyard”, il giardino privato degli Usa. Queste vittorie politiche non delineano però un futuro facile per i nuovi governi, che, seppur con modalità assai diverse, si trovano davanti alla sfida di soddisfare le richieste di eguaglianza che li hanno portati al potere, e la crescente domanda di difesa dell’ambiente, in una situazione di grave crisi economica. Entrano così in conflitto le esigenze di sfruttare al massimo le risorse minerarie e agricole per finanziare le riforme, con quella di frenare le deforestazioni e il dissesto del territorio causato dalle attività estrattive. Di seguito, un panorama della situazione attuale.
Argentina
Il crollo di consensi del governo Fernandez, a pochi mesi dalla vittoria alle presidenziali, é stato testificato dalle elezioni amministrative di quest’anno. Alla radice della sconfitta c’é l’economia: In Argentina l’nflazione a fine 2022 é calcolata al 70 per cento. Il problema di fondo è una grave carenza di gas e diesel, che costringe l’Argentina a importare idrocarburi, intaccando le esigue riserve di dollari della Banca centrale. Secondo la società di consulenza Ecoviews, nei mesi di giugno, luglio e agosto la bolletta energetica mensile passa da meno di 100 milioni di dollari a quasi 1.200 milioni, per effetto degli acquisti di gas dalla Bolivia e GPL sui mercati internazionali. Eppure l’impianto estrattivo di Vaca Muerta, in Patagonia è ai suoi record di produzione di gas, ma i gasdotti sono saturi e non è più possibile inviare il combustibile nelle grandi città, e il Paese deve importarlo per via marittima e a caro prezzo. La costruzione del gasdotto per Vaca Muerta ridurrebbe i livelli di importazione, e renderebbe possibile l’accesso ai mercati regionali.
Ma l’Argentina per questo avrebbe bisogno di investimenti internazionali significativi per un periodo di tempo prolungato. Le attuali condizioni economiche, senza accesso alla valuta estera, sono un impedimento. A causa della mancanza di dollari, l’Argentina applica severi controlli sui cambi e limita il rimpatrio dei profitti delle multinazionali, che quindi si tengono alla larga dal Paese australe. E quindi mancano i capitali necessari per la razionalizzazione , come quella nel settore petrolifero. E par il gasdotto, che il governo ha chiamato Néstor Kirchner, in onore dell’ex presidente e marito dell’attuale vicepresidente.
Questo ha causato le dimissioni del ministro dello Sviluppo produttivo Matìas Kulfas. Kulfas accusa i funzionari di Kirchner di ritardare l’avvio del gasdotto e di sostenere, contro il parere del ministro dell’Economia, un sistema di sussidi per l’energia domestica che l’anno scorso è costato alle casse pubbliche 11 miliardi di dollari, pari al 2,3% del PIL. Le tariffe di elettricità, gas e acqua, congelate dalla fine del governo Mauricio Macri hanno accumulato un ritardo di oltre il 200%, nel tentativo di evitare che le bollette aumentino l’inflazione. “La (…) sfida è stata uscire dal folle sistema di sussidi energetici che ha governato il nostro Paese per due decenni”, ha scritto Kulfas, “che ha un enorme costo fiscale, è socialmente ingiusto, centralista, antifederale e pro-ricchi ( …), che da peronista mi mette in imbarazzo”, scrive Kulfas commentando le sue dimissioni.
Da Energía Argentina hanno risposto con una lettera sarcastica: “Purtroppo si osserva che mentre il Ministero dell’Energia era una dipendenza sotto la sua orbita, fino ad agosto dello scorso anno, e non più tardi, è riuscito a capire come funziona il sistema energetico“.Intanto i lavori sul gasdotto sono solo nelle fasi iniziali, ed è improbabile che sia pronto entro la fine del prossimo anno, come auspica il governo.
Brasile
Al momento, i sondaggi per le presidenziali brasiliane del 2 di ottobre danno Lula al 41 percento, che stacca di 10 punti Bolsonaro al 31. Riabilitato in politica dopo aver recuperato i suoi diritti, Lula cercherà il suo terzo mandato dopo aver scontato 580 giorni di carcere politico ed aver ottenuto l’annullamento della sua condanna. Quanto al programma, l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha proposto di difendere l’Amazzonia, combattere la deforestazione e proteggere le popolazioni indigene, secondo il documento Linee guida per il programma di ricostruzione e trasformazione del Brasile.
Sono ben 121 punti che tengono in conto una molteplicità di questioni, come la riforma del lavoro, l’azienda petrolifera nazionale Petrobras, il rispetto delle leggi ambientali, il tetto di spesa, il rafforzamento della democrazia e i programmi di lotta alle disuguaglianze e alla fame. “Questo documento contiene un riassunto di ciò che pensano tutti coloro che sono in questa marcia”, ha affermato Gleisi Hoffmann, presidente del Partito dei Lavoratori (PT), a capo del movimento Vamos Juntos por Brasil, composto da altre sei organizzazioni politiche, a sostegno del duo elettorale Lula-Gerardo Alckmin. Un’alleanza necessaria per sconfiggere il leader di estrema destra Jair Bolsonaro alle elezioni di ottobre.
Il governo ultraliberista di Jair Bolsonaro ha dimostrato di non avere visione e competenza per affrontare il tema economico. Le elezioni del 2022 si svolgono infatti sotto il segno di un’inflazione elevata —al 12 percento- combinata con un alto tasso di disoccupazione
Nel settembre 2021, riferendosi all’aumento del prezzo del carburante, Bolsonaro aveva affermato che “nulla è così grave da non poter peggiorare“. E infatti l’inflazione è il grande tallone d’Achille per il presidente in carica, e secondo alcuni commentatori l’elettorato femminile, portato a votare più da considerazioni pratiche che ideologiche, potrebbe essere il punto decisivo per la vittoria di Lula. Che però dovrebbe trovare il modo di conciliare la politica ambientale con le esigenze economiche, un dilemma che percorre tutta l’America del Sud che svolta a sinistra.
La I Parte dell'articolo è pubblicata in data 10 luglio
La II Parte in data 20 luglio 22 Cile e Peru
La III Parte in data 30 luglio 22 Bolivia Equator
Fonte Atlante delle Guerre Luglio 2022
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