Frontiere dell’Ue Oltre la Fortezza Europa Nicoletta Pirozzi 08/05/2014 |
Il modello europeo, fondato sui successi di un processo di integrazione che aveva restituito la pace al continente dal secondo dopoguerra e sulla capacità di proiezione del più grande mercato comune a livello globale ha cominciato a mostrare le sue crepe e la sua fragilità al mondo.
L’incapacità dell’Ue di reagire in maniera coordinata e tempestiva alle crisi scoppiate nel suo immediato vicinato, dalla Tunisia all’Egitto alla Libia e più di recente in Ucraina, ha generato un crescente scetticismo sulla validità del progetto europeo nell’attuale contesto internazionale.
Un contesto caratterizzato da una tendenza al disimpegno degli Stati Uniti da scenari considerati di competenza europea, come il Mediterraneo e i Balcani, da una nuova centralità dell’area del Pacifico rispetto all’asse atlantico e da una distribuzione del potere mondiale oscillante tra multipolarismo e logiche di contrapposizione bipolare tipiche della Guerra Fredda.
Agenda internazionale dell’Ue
Non sono mancate le occasioni in cui l’Ue ha saputo riconquistare la ribalta a livello internazionale, ad esempio in relazione allo storico accordo raggiunto tra Serbia e Kosovo nell’aprile del 2013 sotto l’egida dell’Alto Rappresentante Catherine Ashton, ai negoziati sul nucleare iraniano condotti insieme ai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, al nuovo approccio regionale alla sicurezza e allo sviluppo dal Sahel al Corno d’Africa, alla posizione unitaria raggiunta a favore di una soluzione diplomatica e non militare alla guerra civile siriana.
Occorre tuttavia che l’Ue attui un cambio di passo decisivo per il rilancio del modello europeo. Questo richiede innanzitutto la definizione di priorità strategiche di lungo periodo sulle quali indirizzare l’agenda internazionale, ma anche una modulazione degli sforzi dedicati alla realizzazione di questi obiettivi, che siano commisurati alle risorse disponibili ma più ambiziosi di quelli attuali in termini di valorizzazione dell’identità europea.
Partenariati strategici
Azioni concrete in questa direzione includono il rafforzamento del partenariato tra l’Ue e gli attori chiave del Mediterraneo allargato, dai paesi arabi del Nord Africa alla regione del Golfo, costruendo sul valore aggiunto dell’Europa in alcuni ambiti specifici come la ricostruzione delle istituzioni, la lotta alla pirateria e la gestione dei flussi migratori.
Sembra poi imprescindibile un’azione dell’Ue volta a promuovere il rilancio della politica verso i Balcani occidentali e la Turchia, cominciando dalla adesione della Serbia (tra le priorità della Presidenza italiana dell’Ue nel secondo semestre del 2014) e dall’apertura dei capitoli 23 e 24 nei negoziati con la Turchia.
La prospettiva di un ribilanciamento della politica estera statunitense a favore dell’Europa rispetto al “perno asiatico” passa attraverso gli sforzi dell’Ue per la conclusione di un Accordo di libero scambio (Transatlantic Trade and Investment Partnership - Ttip), per il mantenimento degli impegni presi in materia di bilanci della difesa, per il coordinamento delle posizioni di Stati Uniti, Europa e Russia su alcuni temi di sicurezza e per mediare una risoluzione pacifica dei conflitti siriano e ucraino.
Lo strumento dei partenariati strategici può rivelarsi un potente volano per l’affermazione del ruolo internazionale dell’Ue, ma ne vanno definiti gli obiettivi e lapproccio caso per caso, tenendo conto dei principali interessi in gioco per l’Ue dal punto di vista economico e politico.
Questo richiede un maggior coordinamento tra le politiche estere degli stati membri e la definizione di posizioni unitarie europee. Occorre in particolare attenuare la “diplomazia del libro contabile” adottata da alcuni governi con paesi quali Russia e Cina, promuovendo un rilancio del dialogo politico sui temi della democrazia e dei diritti umani.
Relazioni euro-africane
L’Africa sub-sahariana rappresenta la più grande scommessa per l’Europa del XXI secolo. Per essere credibile, la politica africana dell’Ue deve emanciparsi dall’eredità post-coloniale attraverso l’identificazione di priorità strategiche condivise e una ripartizione più equa delle risorse e degli interventi nel continente africano, in particolare nei settori della sicurezza e dello sviluppo.
Il riconoscimento degli aspetti esterni di politiche interne dell’Ue rappresenta uno degli sviluppi più significativi nell’elaborazione strategica collegata all’adozione del Trattato di Lisbona. L’Ue deve puntare a rafforzare ancora questo approccio, rilanciando azioni esterne che mirano a promuovere interessi interni primari quali la gestione del fenomeno migratorio e la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico.
L’Ue è chiamata a confrontarsi con un contesto internazionale in continua evoluzione. Anticipare cambiamenti specifici ed improvvisi come le rivoluzioni del Nord Africa o la crisi ucraina è un compito assai arduo. Tuttavia, è possibile equipaggiare l’Ue con gli strumenti e le capacità adeguate per pensare scenari possibili, elaborare strategie credibili e attuare interventi efficaci.
Tutto questo richiede un’intensa collaborazione tra istituzioni europee, in particolare quelle rafforzate o scaturite dal Trattato di Lisbona come l’Alto Rappresentante e il Servizio europeo per l’azione esterna, e tra queste e gli stati membri. Un nuovo paradigma di integrazione delle politiche estere nazionali che si imponga come antidoto al preconizzato declino europeo nelle relazioni internazionali e proponga un modello attraente e sostenibile.
Nicoletta Pirozzi è responsabile di ricerca presso lo IAI.
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