Area transatlantica di libero scambio Ttip nelle sabbie mobili Ferdinando Nelli Feroci 15/04/2014 |
Personalmente credo che sia del tutto irrealistico ipotizzare la conclusione di un negoziato così complesso entro la fine dell’anno in corso. Sono però convinto che sia un ottimo investimento, per il nostro governo, e più in generale per l’Ue, impegnarsi a rilanciare una trattativa che si sta rivelando più difficile del previsto e che rischia di insabbiarsi in assenza di un forte impulso a livello politico.
Intesa tra le due sponde dell’Atlantico
L’idea di un accordo Ue-Usa sulla liberalizzazione degli scambi e sugli investimenti era maturata nel corso di questi ultimi due-tre anni attraverso passaggi che avevano consentito di superare riserve e resistenze sia in Europa che negli Usa.
La proposta per un accordo transatlantico di libero scambio si era concretizzata nei primi mesi del 2103, grazie a una fortunata e rara congiuntura che aveva determinato un convinto sostegno al più alto livello politico sia a Washington che a Bruxelles (e nelle maggiori capitali europee).
Su queste basi il negoziato si era avviato nell’estate dello scorso anno, in un’atmosfera di grande ottimismo e di grandi aspettative nei confronti di una iniziativa che prometteva importanti stimoli alla crescita in Europa e negli Usa e che avrebbe consentito ai due partner transatlantici di definire nuove regole del gioco in materia di commercio internazionale e di investimenti. Il tutto grazie ad un’ambiziosa intesa bilaterale, in un contesto di paralisi del negoziato multilaterale nell’ambito del Wto.
Oltre la riduzione delle barriere tariffarie
Si sapeva fin dall’inizio che i problemi maggiori non si sarebbero incontrati nel settore più tradizionale dell’accesso al mercato e della riduzione delle barriere tariffarie già sufficientemente ridotte negli scambi commerciali Ue-Usa, ma che le vere difficoltà sulla strada di un’autentica area di libero scambio erano collegate all’abbattimento delle barriere non tariffarie, al tema della cosiddetta convergenza regolamentare, all’armonizzazione degli standard fito-sanitari, alla questione dell’accesso agli appalti pubblici, all’apertura del mercato dei servizi e infine al tema della proprietà intellettuale e a quello strettamente collegato della protezione delle indicazioni geografiche.
Si era partiti con il negoziato sperando di poter contare su quel sostegno politico che a volte consente di superare difficoltà considerate (forse a torto) di natura prevalentemente tecnica.
Ostacoli al Ttip
A distanza di vari mesi dall’avvio del negoziato e dopo quattro “round” negoziali, la trattativa sembra ora segnare il passo.
Le difficoltà sui vari capitoli del negoziato appaiono evidenti. Nessun significativo progresso si è ancora registrato sui temi sensibili della convergenza regolamentare, o della armonizzazione degli standard fito-sanitari; aperture molto limitate sul tema dell’accesso agli appalti pubblici; ancora divergenze sensibili sull’inserimento nel negoziato del tema dei servizi finanziari; posizioni ancora molto distanti su proprietà intellettuale e protezione delle indicazioni geografiche e perfino difficoltà inattese sul tema delle riduzioni delle tariffe doganali e dell’accesso ai mercati.
Sembra radicalmente mutato soprattutto quel favorevole contesto politico che aveva reso possibile l’avvio del negoziato. Negli Stati Uniti, l’Amministrazione resta in principio interessata a un accordo sul Tttip, ma non è riuscita a ottenere dal Congresso l’approvazione della Trade Promotion Authority.
Questa circostanza, pur comprensibile data la grande sensibilità di un tema controverso come quello della liberalizzazione degli scambi, nell’imminenza della campagna per le elezioni di per il rinnovo parziale del Congresso, ha determinato una situazione in cui l’Amministrazione si trova a negoziare il Ttip senza un mandato parlamentare.
L’Ue è certamente interessata al Ttip, anche come strumento di stimolo alla crescita, ma in Europa si è ormai aperta una fase di transizione, caratterizzata dalle imminenti elezioni del Parlamento europeo (che dovrà comunque pronunciarsi sul Ttip) e dall’insediamento (previsto per il prossimo novembre) di una nuova Commissione (cui spetta di negoziare il Ttip per conto della Ue). Inevitabile che questa situazione d’incertezza determini almeno un rallentamento del negoziato.
Crisi Ucraina e rapporto transatlantico
Ci troviamo quindi in una situazione paradossale nella quale gli eventi recenti in Ucraina e in Crimea hanno determinato un imprevisto salto di qualità nell’intesa e nella solidarietà tra Europa e Usa, spingendo nella direzione di un rafforzamento del rapporto transatlantico in tutte le sue dimensioni: da quella della sicurezza a quella della cooperazione economica e commerciale fino alla cooperazione nel campo dell’energia.
Contestualmente però si deve constatare che l’iniziativa più ambiziosa, attorno alla quale si dovrebbe consolidare il partenariato strategico transatlantico, segna il passo e rischia di incagliarsi nelle sabbie mobili.
Da qui la necessità di farsi carico di mantenere il Ttip fra le priorità dell’agenda dei prossimi mesi della politica italiana ed europea. Non perché sia verosimile ipotizzare la conclusione del relativo negoziato a breve scadenza, ma perché in assenza di un impegno diretto della politica al più alto livello non si può escludere il rischio di un fallimento (o di un eccessivo ridimensionamento rispetto alle originarie legittime aspettative) di un accordo di sicura portata strategica.
Ferdinando Nelli Feroci è presidente dell’Istituto Affari Internazionali (IAI).
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